Cultura giuridica da Medioevo

giovedì 20 luglio 2017


Come in un copione già scritto prima del suo arresto, la Corte di Assise di Appello di Brescia ha confermato l’ergastolo per Massimo Bossetti. Una sentenza,  tutta basata su una prova del Dna a dir poco discutibile, che sembra richiamare alla mente una forma di giustizia medievale, così come ha amaramente commentato il difensore del muratore di Mapello, l’eccellente Claudio Salvagni. In un caso in cui la pubblica accusa non ha praticamente potuto dimostrare nulla, né un movente plausibile, né una ricostruzione attendibile dei fatti e né un qualunque contatto con la vittima e il suo presunto omicida, si è deciso di infliggere la pena capitale sulla scorta di un’analisi genetica che sembra fare acqua da tutte le parti, con ben 261 criticità trovate dalla difesa e mai smentite dai consulenti dell’accusa. Dunque, mentre altrove il solo Dna privo di altri riscontri forensi non sarebbe neppure sufficiente per un rinvio a giudizio, in Italia ciò diventa una inconfutabile prova regina, così come sostiene da molto tempo a “Quarto grado” il falso garantista Carmelo Abbate, assatanato accusatore televisivo di Bossetti.

Nessun dubbio sembra aver intaccato le granitiche convinzioni di chi, influenzato dal solito, impresentabile circo mediatico, tanto per convinzione che per interesse economico è uso bersi qualunque pozione colpevolista, per quanto indigesta essa possa apparire. Ed è proprio la cultura del dubbio, pilastro fondamentale in un sistema evoluto, che esce ancora una volta distrutta in questa ennesima vicenda di giustizia-spettacolo.

Sotto questo profilo, sempre riferendoci al Medioevo, la prova del Dna con cui si è voluto stabilire la colpevolezza di un uomo dal passato specchiato (senza peraltro considerare che sugli abiti della povera vittima vi fossero ulteriori tracce genetiche appartenenti ad altri 11 soggetti) sembra l’equivalente di una ordalia o giudizio divino. E in un mare magnum di pregiudizi, a cominciare dal famoso “abbiamo il colpevole” pronunciato dall’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano all’indomani dell’arresto di Bossetti,  quella che una volta era la patria del diritto naviga sempre più desolatamente alla deriva, in cui tutti i cittadini sono innocenti fino a quando non finiscono sotto i riflettori di un circo mediatico dominato da nani, ballerine e pseudo esperti un tanto al chilo.


di Claudio Romiti