Un decalogo per uno spazio liberale

1. Nessun movimento piccolo può permettersi la moderazione. Se possiamo e dobbiamo distinguerci, mantenendo uno stile sobrio, i contenuti debbono essere radicali, per incidere in una società mediatica di massa. E la moderazione nel difendere la libertà non è una virtù.

2. Dobbiamo presidiare lo spazio politicamente libero in Italia. Cioè proprio quello vicino al centrodestra dell’Occidente, ma nella sua versione “libertarian”. Il pantheon di riferimento è rappresentato da Jefferson, Thoreau, Reagan, Thatcher, Friedman, Ron Paul, il Tea Party. Senza tentennamenti od edulcorazioni, pena l’irrilevanza. Questa visione anglosassone, tutt’altro che assente dalla storia italiana (vedi Cavour, Salandra, Sturzo, Einaudi, Pella, Malagodi, Martino e, fatta la tara per la coerenza, il primo Berlusconi) è corretta per il “caso italiano”.

3. “Caso italiano” che si può riassumere nell’accelerata tendenza verso un sistema in cui “tutto è vietato, tranne ciò che è obbligatorio”, grazie all’epidermico fastidio di Matteo Renzi per le regole garantiste, l’autonomia delle persone e, soprattutto, per la cultura egualitaria e totalizzante da comunismo 2.0, che, rifiutata da Craxi, ha contagiato però ampie aree del mondo clericale.

4. Dobbiamo poi, sia per le nostre libertà, che per un’economia che sta morendo di lacci e lacciuoli, essere il partito di una inedita triade di valori: “Libertà’, Dignità, Indipendenza”. In luogo di quella Rivoluzione francese, che, per insopprimibile ambiguità di fondo, è stata alla base, tanto di processi di liberazione, quanto di mostri totalitari.

5. Dignità ed indipendenza sono valori più importanti di uguaglianza e fraternità. Perché dignità vuol dire difendere, sempre, una vita degna d’essere vissuta. Quando, invece, si può anche essere tutti uguali, ma dentro una prigione. Mentre indipendenza vuol significare una politica sociale non creatrice di Stato-dipendenti con l’assistenzialismo dei posti inutili e dei loculi a basso fitto, ma, al contrario, di cittadini indipendenti grazie alla casa di proprietà e a posti di lavoro reali.

6. Se al mondo diventassimo davvero tutti uguali moriremmo necessariamente tutti di fame, perché l’accumulo di capitale è una assoluta necessità della produzione (come sapeva perfino Marx) e i ricchi sono più efficienti e meno totalitari dello stato nel realizzarlo e sono proprio le disuguaglianze a muovere l’economia (come a favorire il bello nelle arti e in architettura), mentre i tagliagole sono “fratelli” pericolosi. La proprietà privata è a rischio in Italia (e con essa la libertà, ricordava Luigi Einaudi), per l’aggressione espropriatrice delle varie patrimoniali camuffate e per la violenza “regolatrice” dello Stato e delle sue articolazioni periferiche. Senza difesa e diffusione della proprietà l’economia non ripartirà mai veramente. Al contrario dei comunisti, per noi: “la mancanza di proprietà è un furto”.

7. Divieto e regola debbono essere eccezioni, non strumenti ordinari di governo. I danni che lo “Stato selvaggio” fa sono enormi. Serve una regola di libertà, costituzionale, che obblighi ad introdurre, in ogni legge contemplante un divieto, la dimostrazione compiuta che non vi sia altro modo per ottenere uno scopo di giustificante rilevanza, pena la nullità della legge.

8. L’espansione è stata l’unico strumento per difendere insieme libertà, sviluppo e giustizia sociale e non dobbiamo accettare, come un fato ineluttabile, limiti allo sviluppo coincidenti col nostro pianeta, considerato come prigione. Dobbiamo e possiamo estenderli: fino ai limiti del sistema solare ed iniziare a colonizzarlo. E un partito che metta punto nel suo programma sarà non solo diverso, ma anche trascinante, perché finalmente positivo sul futuro.

9. L’alleanza di tutti i partiti di centrodestra, in politica interna ed internazionale, non è una scelta, rappresenta una necessità. I partiti patriottici, che vogliono un’Europa e un Occidente liberale e non dirigista, ma che guardano solo all’orto di casa, saranno sempre sconfitti da quelli consorziati a livello sovranazionale. E allora, una internazionale “libertarian” s’impone, senza troppo esagerare nel guardare le differenze per non fare il gioco delle sinistre. “Niente nemici a sinistra”, dicevano i nostri avversari e credo dovremo imitarli a destra.

10. L’immigrazione invasiva extracomunitaria va fermata. Si studino, tecnicamente, le forme più opportune. Ma va fermata. Sono in gioco la pacifica convivenza e anche la democrazia, che deve restare il sistema dove ci si divide per idee, non per etnie.

Aggiornato il 11 luglio 2017 alle ore 22:28