Idee, non leadership

giovedì 29 giugno 2017


Macron, Trump, chi sono costoro? In sintesi, altrettanti alfieri portatori di idee. Prima che sull’emersione del leader, la famosa “Finestra di Overton” (che predice il successo politico a chi, in un determinato momento storico, meglio sa interpretare il “mood” contemporaneo della maggioranza silenziosa, disprezzata dal “politically correct” e dai media “mainstream”), si focalizza sulle idee che ne rendono possibile e ne precedono l’apparizione. Il primo, Macron, obbedisce al grande imperatore della conservazione nell’innovazione. Una sorta di Gattopardo ante litteram. Vuole cambiare l’Europa lasciando intatto il potere sostanziale della sua euroburocrazia in cui, guarda caso, la dominante francofona è quasi assoluta. L’altro, Trump, un miliardario populista, vuole salvaguardare in primis il suo impero finanziario, e poi l’America, dalla competizione internazionale e dall’immigrazione selvagge. Lui che ha intuito per tempo, in modo felino e ferale, che la sua grande occasione, l’area in cui si stava aprendo la Finestra di Overton, orientava il focus politico sulla ruggine devastante delle nuove povertà di massa. Una metastasi sociale, quella della de-industrializzazione, che si è propagata dalle migliaia di ex stabilimenti industriali abbandonati, alle grandi masse dell’ex “middle and working classes” dell’America dei perdenti della globalizzazione.

Quindi, l’insegnamento storico da trarre, esaminando le vicende Macron e Trump, è chiarissimo: i loro modelli si sono rivelati vincenti perché hanno saputo fare la sintesi dei pensieri e delle aspirazioni dei popoli che il “mainstream” non aveva tenuto in considerazione. Quale è, dunque, a questo punto, la congettura giusta per vincere in Europa? La seguente, direi: “Federare esaltando i valori nazionali tradizionali”. Via, quindi, tutte le superfetazioni burocratiche, Bruxelles in testa a tutti. Via un parlamento con due sedi inutili, privilegiando la creazione di un’assemblea unica e di un governo federale eletti direttamente dagli europei. Dopodiché, garantire autonomia fiscale e di bilancio per gli Stati membri, all’interno della programmazione federale della spesa e del deficit annuale, equamente ripartiti per reddito e peso demografico. Altra idea fondamentale: la difesa della frontiera comune. Nessuno entra se non autorizzato. L’immigrato, presente illegalmente nel territorio federale, è allontanato coattivamente e senza indugi verso un Paese terzo sicuro di suo gradimento, esterno alla Federazione. Il rifiuto di scegliere la destinazione del Paese esterno sicuro, così come ogni reiterazione del tentativo di rientro illegale, a partire dalla prima espulsione, da parte di chi non ha diritto, deve essere considerato violazione di legge penalmente perseguibile e punita con pene restrittive adeguate.

Del resto, al di fuori delle casistiche di doveroso soccorso temporaneo al sofferente e al perseguitato, violare senza autorizzazione il domicilio altrui è da sempre considerato nel diritto naturale un sopruso e una sopraffazione, da cui è giusto difendersi con reazioni adeguate e proporzionali alla violenza e all’ingiustizia patita. Quale è il vero problema del transito opportunistico delle nuove leadership attraverso la Finestra di Overton? Semplice: la loro sovraesposizione mediatica che, come le ali di Icaro, fa prendere fuoco facilmente alla struttura narrativa che li sostiene, provocandone una caduta molto più repentina dell’ascesa. Perché, in fondo, l’assenza di forti radici territoriali della forma politica organizzata (grande movimento o partito, con solide e robuste appendici locali e loro uniforme distribuzione territoriale), destinate a tenere in vita la partecipazione popolare durante il periodo di tempo che separa un’elezione dall’altra, provoca la consunzione rapida delle leadership in caso di mancato rispetto delle ambiziose, rivoluzionarie promesse di riforme strutturali, politiche e istituzionali.

Per evitare questo fenomeno perverso, occorre disporre di molte migliaia di intermediari politici stanziali di seconda linea i quali, in base a un criterio coerente di vicinanza, in modo competente e in tutta trasparenza e incisività, sappiano spiegare le ragioni del Leader ai loro supporter locali. Perché solo costoro - in ragione delle conoscenze e del fattore di prossimità che li caratterizza - possono avvalersi dello strumento dell’informazione personalizzata, inaccessibile come metodo democratico ai media del “mainstream”. In caso di difficoltà, spetta a questi intermediari illustrare compiutamente (e non demagogicamente!) alle varie fasce sociali dell’area di consenso relativa il tipo di ostacolo incontrato nell’attuazione dei processi di riforma. Ovvero, al contrario, compete a loro la distribuzione dei dividendi politici, ottenuti dalla positiva implementazione delle riforme promesse. Di converso, la distribuzione uniforme della rappresentanza politica di secondo grado, così come individuata e selezionata dai gruppi locali - permanenti e riconosciuti - di sostegno, autorganizzati e autofinanziati, può efficacemente veicolare puntualmente verso il vertice le istanze di base.

Purtroppo, questo auspicabile scenario di buon senso è oggi lontanissimo e irraggiungibile. Pertanto, la delusione per l’insuccesso della leadership abbinata alla grande variabilità dell’umore popolare non potrà che amplificare e sovrapporre i vecchi ai nuovi disagi, causando la caduta rovinosa del leader di turno. Perdurando nel tempo, questo terribile processo di falsa rappresentanza determinerà la fine definitiva della democrazia occidentale così come oggi la conosciamo.


di Maurizio Guaitoli