Come Grillo cadrà su una buccia di banana

Ai ballottaggi stravince il centrodestra, il Pd crolla e il M5S si accontenta. Questa è la fotografia uscita dalle urne delle amministrative, dove da questa parte del campo l’offerta di governo convince e attira gli elettori,  il partito di Renzi e Zingaretti subisce una “scoppola” senza precedenti, e il Movimento 5 Stelle fa il minimo indispensabile. 

Proprio sui grillini è il caso di soffermarsi un momento in più, loro che avrebbero dovuto avere il ruolo da “asso pigliatutto” e invece registrano una battuta d’arresto importante. Dopo il naufragio della legge elettorale che aveva visto al tavolo Berlusconi, Renzi e Grillo sul modello che avevamo ribattezzato “Inciucellum”, il leader del M5S si era soffermato su due principi secondo lui fondamentali del suo movimento: no alle alleanze, e limite di due mandati elettorali per i grillini. Il primo si è rivelato una menzogna, alla luce delle legge concordata ma poi naufragata in Parlamento; mentre per il secondo, si rischia addirittura un danno economico e generazionale al Paese, solamente per avere in Parlamento una schiera di marionette obbedienti.

Vi spiego i motivi. Anche a noi piacerebbe che il centrodestra non facesse alleanze con la sinistra. Circostanza che invece si è verificata con i diversi premier che si sono susseguiti negli ultimi anni: Letta, Renzi, Gentiloni.  Per non parlare di chi, addirittura, dopo essere stato eletto con i voti del centrodestra, ha venduto la fiducia degli elettori e si è ritrovato ad essere la stampella della sinistra al governo. Ma se Beppe Grillo dice di non voler alleanze con chicchessia, cosa succederà se alle prossime elezioni dovesse ottenere un voto più degli altri poli, ma non sufficienti ad avere una maggioranza solida? Anche in quel caso farebbe una doppia piroetta e tornerebbe sui suoi passi, cedendo alle alleanze, o farebbe un passo indietro e dichiarerebbe l’indisponibilità a governare? Il leader grillino deve fare molta attenzione e non fare promesse che poi non riuscirebbe a mantenere. Anche se ormai abbiamo capito che, messo alle strette, il comico genovese opta sempre per la via di fuga più conveniente, calpestando quel codice grillino sventolato come le tavole dei dieci comandamenti.

Ma subito dopo la batosta elettorale al primo turno, Grillo si è soffermato anche sul limite inderogabile dei due mandati, sul quale invece il giudizio è ben più severo e netto. Circoscrivere a solo due opportunità di elezione significa semplicemente avere a disposizione continuamente dei “burattini” praticamente obbligati a seguire il grande capo e la Casaleggio & Associati che continuerebbe a fare il suo business. Grillo si nasconde dietro alla sua dichiarata volontà di non scendere in politica, ma avendo di fatto a sua disposizione una schiera di yesman che lo manterrà saldamente al timone del Movimento. Nessuno lo scalzerà mai, né per merito né per temerarietà, né per crescita politica perché tanto dopo due giri devi accomodarti alla porta e cercarti (eventualmente) un altro partito. Per certi versi, cose già viste in certa politica, dove non si premia il merito bensì l’adulazione del capo, isolando o umiliando chi osa insidiarlo.

Ma questo ragionamento comporta anche che l’Italia, o meglio, gli elettori che scelgono il proprio rappresentante nelle istituzioni, fa letteralmente un investimento a perdere. Perché pagando quel parlamentare e dovendovi rinunciare dopo due mandati (che potrebbero essere al massimo di dieci anni in totale, ma anche molto meno se ad esempio le due legislature non arrivano a scadenza naturale) getta a mare l’investimento su quella persona in termini di formazione e know-how. Non lo valorizza. Un po’ come quella società di calcio che investe soldi su un giovane talento, e una volta maturo e pronto a guidare la squadra lo mette in panchina o lo cede a parametro zero. Uno spreco di risorse incredibile che, peraltro, può avere come deriva comportamenti di arricchimento poco leciti: faccio il pieno sia legalmente sia illegalmente in questi dieci anni, perché poi non sarò più della partita.

Se, infatti, da una parte è giusto non vivere di politica, è anche giusto dare professionalità alla politica, legittimandola nella sua essenza, ovvero quella del servizio al cittadino. Che è la missione di chi si è messo a disposizione del proprio Paese, rinunciando a una professione o un lavoro, perché crede che impegnandosi realmente qualcosa possa veramente migliorare.

(*) Consigliere regionale del Lazio e membro dell’Assemblea Nazionale di Fratelli d’Italia

Aggiornato il 28 giugno 2017 alle ore 11:02