L’elettorato senza la patria dell’ideologia

Ormai l’elettorato è apolide. Non più figlio di una patria ideologica. È denudato dalla paura di essere solo il voto utile. L’utilità marginale è diventata la propria coscienza.

In questo, il capogruppo di Forza Italia alla Camera ha perfettamente ragione: “Gli elettori non sono più di nessuno”. Quel recinto che ha ingabbiato l’elettorato si è aperto, irreversibilmente. E l’ovile dell’appartenenza - sic et simpliciter - ha ceduto il passo a quel sentire comune della buona governabilità, efficienza e capacità. Non più rinunciabili per chi va a votare. Perciò, la dirimente tra il consenso o meno degli elettori, viene fatta dalla credibilità. È questo il confine tra chi riesce a bucare l’anima degli uomini e delle donne e li trasforma in voti validi e chi, invece, rimane a bocca asciutta sull’onda delle promesse.

L’idea sinistra di questi mesi era quella di tirare a campare. Ma le urne hanno decretato il tirare le cuoia di quella politica che fa dei “bonus” il suo volto, ma che poi si trasformano in “malus” per le famiglie. Così com’è illusoria la certezza dell’establishment grillino nel pensare di avere in mano il tocco di re Mida, che trasforma in voti ciò che propugna nel blog. Quell’idea perversa per cui i voti si pesano si è smarrita, e oggi più che mai si contano. E contano. Ma di più conta la capacità di essere leali ed efficaci con i programmi che si sono presentati agli elettori, perché il giro di boa della legislatura si è accorciato e il timer delle cose da fare viene scandito dal Net, un orecchio attento e minaccioso che mette a nudo tutte le pecche o le magagne. A volte fallace e menzognera, ma dalla Rete del sociale non si può uscire. Sostanzialmente il re è nudo. La politica. E la coscienza infante dell’elettorato se ne accorge.

Aggiornato il 28 giugno 2017 alle ore 11:07