Sicurezza passiva

Una delle panzane più in voga tra politici e commentatori nostrani è quella secondo cui l’Italia sarebbe un Paese sicuro. Guardate cosa succede in Francia, in Inghilterra e in Belgio, dicono loro, dove le difficoltà di integrazione hanno provocato tante azioni violente da parte di terroristi islamici: in Italia, invece, non succede niente, sia perché gli italiani sono buoni e tolleranti, sia perché le nostre efficientissime forze dell’ordine vigilano su qualunque movimento sospetto.

Chiunque abbia un po’ di cervello per ragionare, anche  in base a fatti già accaduti altrove, può concludere che le tragedie di Parigi, Londra e Nizza sono compatibili con una strategia a scacchiera di guerriglia urbana finalizzata ad attaccare il nemico  (loro non fanno distinzione tra militari e civili) con azioni  a grappolo rapide e  violente, e con l’uso di armi improvvisate (coltelli, furgoni)  che consentono di fare un numero limitato di vittime per un numero illimitato di volte in modo da dosare il panico nella popolazione in base a contingenti esigenze tattiche. Ciò significa che nessuno, ma proprio nessuno di questi attentati avviene a caso, bensì in base ad una strategia occulta che, al di là dei proclami propagandistici sul web, contempla un “ok” specifico all’attentatore di turno da parte di chi di dovere.

Questo, invece,  da noi non succede: nessun caporione islamico darebbe un “ok”del genere a un jihadista in territorio italiano per lo stesso motivo per cui un Paese invasore non bloccherebbe mai la principale via di penetrazione nel Paese invaso: semmai dovrebbe essere quest’ultimo a farlo, ma i governanti italiani se ne guardano bene: forse per buonismo cattocomunista o per consentire ai soliti noti di lucrarci sopra, questo non lo so, ma una cosa è certa: da quando si sono chiuse le rotte balcaniche di terra e da quando la legione straniera spagnola spara ad altezza d’uomo sugli immigrati clandestini, senza che nessun “europeista” sollevi obiezioni, l’unica via rimasta aperta per le masse di disperati, clandestini e potenziali terroristi provenienti dal Medio Oriente, è la nostra penisola attraverso la quale, a partire dalla Sicilia e da Lampedusa, i disperati percorrono il corridoio di sicurezza che consente loro di raggiungere le destinazioni prescelte, cioè i Paesi nordeuropei. Saranno anche disperati, ma non sono scemi e, nella stragrande maggioranza, non vogliono restare in Italia.

Ora, però, accade che altri Paesi europei e “europeisti” bloccano le loro frontiere meridionali proprio per non essere invasi e quindi i disperati refluiscono indietro, come in un sifone ostruito cercando di sistemarsi da noi, ma azzuffandosi anche coi loro colleghi per la conquista di posti di lavoro e residenze  messe a disposizione dai nostri generosissimi governanti. Ecco perché da noi si guardano bene dall’autorizzare attacchi contro la popolazione civile: hai visto mai che a un Matteo Salvini di turno venga in mente di utilizzare la Marina militare per bloccare gli sbarchi, anziché facilitarli!

Perciò da noi non ci sono attentati, no: ma avviene tutto il resto e tutti i giorni, come si può constatare. Se poi un esaltato mezzo scemo incita alla guerra santa sul web, allora lo arrestano, mentre il soggetto in questione non muoverebbe un solo dito senza autorizzazione esplicita. E qualche volta mi viene il dubbio atroce che  questa “benevolenza” dei caporioni jihadisti sia il frutto di un gigantesco equivoco: loro ritengono, logicamente, di darsi la zappa sui piedi se facessero uccidere degli italiani, ma chissà: forse i nostri politicanti sono addirittura più vili ed incapaci di quanto possiamo supporre e se avvenisse un attentato da noi, tutto si risolverebbe con una bella fiaccolata, o al massimo, con solenni funerali di Stato. Ma Sicilia e Lampedusa continuerebbero ad essere porti franchi di approdo.

Aggiornato il 22 giugno 2017 alle ore 11:12