Il conflitto d’interessi quale garanzia politica

All’interno di un dibattito politico sempre piuttosto irreale, sono rimasto particolarmente colpito dalla lucidissima analisi di Luciano Capone su “Il Foglio” del 16 giugno. Un’analisi che ribalta completamente la oramai storica questione del conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi, fornendo una intelligente chiave di lettura per spiegare, al netto di una certa componente propagandistica di stampo populista, l’attuale linea moderata del Cavaliere.

In sostanza Capone ritiene che Berlusconi non possa “mandare a gambe all’aria il Paese, perché in ballo ci sono le sue televisioni, i suoi interessi e la sua storia personale”.

Sarebbe soprattutto ciò a “tenerlo lontano da certi eccessi populisti. Tanto il suo moderatismo è legato anche ai suoi affari, quanto il fanatismo di altri è legato a non avere alcunché da perdere. E chi non ha nulla da perdere ha tutto da guadagnare, anche dallo sfasciare i conti pubblici, dall’uscita avventata dall’Eurozona, dallo stravolgimento delle alleanze internazionali, dal ribaltamento della logica scientifica”.

Ma non basta. Secondo Capone non si tratterebbe solamente di cinico e brutale tornaconto elettoralistico. A suo avviso c’è una fondamentale differenza di attitudine tra chi venendo dal nulla, magari mosso da nobili ideali, rischia di distruggere il Paese e chi, come il leader di Forza Italia, possiede interessi materiali che lo spingono ad avere una percezione più acuta della realtà, avendo una piena consapevolezza “della complessità dei mercati finanziari e dei pericoli che derivano da soluzioni avventate”.

Consapevolezza la quale, a parere del nostro, sembra mancare quasi del tutto nella visione di “tanti nuovi parlamentari, privi di interessi da difendere e di patrimoni da preservare”. Tutto questo li renderebbe incapaci di valutare appieno la complessità dei problemi che si trovano ad affrontare, concentrando la loro azione politica in un, a mio avviso catastrofico, tentativo “di affermare a ogni costo i loro programmi utopici”.

Dunque, in conclusione, l’ottimo opinionista de “Il Foglio” analizza in chiave fondamentalmente positiva un vecchio tabù della sinistra, considerando il presunto conflitto d’interessi di Berlusconi non più una iattura, bensì una sorta di garanzia politica per l’Italia. Una garanzia che, mi permetto di aggiungere, deriva dalla sua lunga esperienza di imprenditore di successo che, secondo una famosa massima del grande Luigi Einaudi, gli consentirebbe di deliberare sulla base di una conoscenza reale del mondo.

Niente a che vedere con una massa di volenterosi personaggi i quali, paracadutati in Parlamento in virtù di qualche clic, sembrano unicamente animati da una onestissima e inquietante ignoranza.

Aggiornato il 19 giugno 2017 alle ore 17:26