Lavoro ai migranti e l’utopia si fa legge

Ieri si mormorava fossero 64 i denunciati dalla Digos per aver preso parte alla manifestazione non autorizzata contro lo “Ius soli” nei pressi del Senato. Ora c’è chi dice siano più di 100. A loro carico una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale, istigazione a disobbedire alle leggi e apologia di fascismo. Per tutti i fermati verrà applicato il Daspo che, nato per i tifosi sportivi, pare abbia un futuro roseo per reprimere i manifestanti politici.

Materia del contendere la proposta di legge in materia di “Ius soli”, vale a dire il diritto alla cittadinanza italiana per chiunque nasca nel nostro Paese (già approvata alla Camera nel settembre del 2015). Riconoscendo il diritto alla cittadinanza per i “nuovi italiani”, di fatto si spalanca la porta all’introduzione di norme che favoriscano i migranti all’accesso a contrattualizzazione lavoristica e diritto alla casa. E proprio questi due aspetti, molto pratici, alimentano i malumori dell’uomo della strada. Infatti, da tempo è allo studio l’introduzione di facilitazioni fiscali per chi assuma lavoratori stranieri (profughi e migranti regolari) al fine di non ghettizzarne la presenza sul territorio nazionale. Facilitazioni già presenti per i cosiddetti imprenditori stranieri: valga l’esempio del classico emporio cinese o del Bangladesh, che beneficia di sgravi fiscali sino a sei anni. A questo punto c’è chi parla di concorrenza sleale nei riguardi dei lavoratori italiani, e perché verrebbero favoriti gli stranieri sia sul lavoro autonomo che in quello dipendente. E in tanti temono l’effetto Prato: nella cittadina toscana circa trent’anni fa c’erano un 20 per cento d’imprese tessili cinesi che impiegavano solo manodopera cinese, oggi gli orientali sono più dell’80 per cento e assumono solo cinesi, e anche le rimanenti imprese italiane impiegano solo manodopera extracomunitaria.

Il timore di non pochi osservatori è che le nuove norme possano acuire lo scontro interno alla società italiana tra classe dirigente e corpo elettorale (il popolo, per intenderci), soprattutto che la grande massa d’italiani disoccupati possa dare luogo a rivolte più o meno violente. Di fatto l’estinzione dell’identità italiana è stata chiesta a gran voce dall’Unione europea, e per piegare le ultime resistenze italiane a sottostare alle cosiddette “normative europee”.

È il caso di dire che lo “ius soli” e lo “ius culturae” ci siano stati imposti dall’Unione europea, che è pronta a multarci per ogni legge gradita all’Ue che non facciamo. Lo “Ius soli” riconosce la cittadinanza italiana a chi è “nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno in possesso del permesso dell’Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extra Ue) o il ‘diritto di soggiorno permanente’ (cittadini Ue)”.

Beneficiario dello “ius culturae” è “il minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età. Egli acquista di diritto la cittadinanza, qualora abbia frequentato regolarmente (ai sensi della normativa vigente) un percorso formativo per almeno cinque anni nel territorio nazionale”.

Ma sono esclusi dalla riforma (in quanto non hanno diritto al permesso) gli stranieri che soggiornino per motivi di studio o formazione professionale. Oppure che soggiornino a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari. O che abbiano chiesto la protezione internazionale e siano in attesa di una decisione definitiva circa tale richiesta; o che siano titolari di un permesso di soggiorno di breve durata; o che godano di uno status giuridico particolare previsto dalle convenzioni internazionali sulle relazioni diplomatiche. Insomma un bel polverone, un bel casotto.

Di fatto questa riforma serve per regolarizzare gran parte dei migranti venuti in Italia prima del 2000, che ormai hanno qui famiglia e figli. Non funziona il fatto che, allo stato attuale, e con la povertà che attanaglia la metà della popolazione italiana, venga percepito dall’uomo della strada un canale preferenziale ai migranti su lavoro, casa e sanità. Ma questo avviene perché la classe dirigente non passa giorno che non critichi l’italiano medio, dandogli dell’evasore fiscale, del ladro, dell’inottemperante alle normative europee, del godereccio, del mafioso, del violento. Di contro la presidentessa della Camera Laura Boldrini esalta la bontà e l’onestà dei migranti, la loro capacità d’adattarsi e lavorare.

La criminalizzazione dell’italiano medio e la santificazione del migrante non favoriscono la pace sociale, soprattutto alimentano un clima di tensione già rovente per via delle cartelle esattoriali e della scarsità di lavoro e danaro corrente. Certo che anche gli italiani continuino a migrare. Infatti i due italiani morti nel rogo di Londra avevano abbandonato il Belpaese per mancanza di lavoro... la loro morte è addebitabile a chi ha reso l’Italia un paese senza speranze, senza più sogni. Una grande favelas in cui non si potranno più distinguere le nazionalità dei disperati, di contro i palazzi del potere assurgeranno sempre più a cittadelle proibite. Ma nessuna legge ci potrà mai vietare d’aspettare una grande marcia che ci liberi dai mandarinati.

Aggiornato il 16 giugno 2017 alle ore 21:38