Denegazione alla Grillo

In psicanalisi, il termine riguarda il procedimento cui fa ricorso un soggetto (Beppe Grillo, in questo caso) in terapia per impedirsi di riconoscere un desiderio da lui in precedenza affermato. Il desiderio in questione è “non vincere le elezioni, conservando così il monopolio dell’opposizione”. Nel caso delle amministrative, la denegazione è chiarissima: l’amministrazione capitolina della Raggi è come una terribile manifestazione pubblica di incompetenza e incapacità che potrebbe, per così dire, “metastatizzare” sull’intero territorio nazionale, nel caso che altre città di medie dimensioni (soprattutto al Sud!) fossero direttamente governate dal Movimento. Anche perché, va detto tra le righe, Grillo non dispone di personale politico-amministrativo dotato di personalità carismatica e competenze al di sopra della media. Qualcuno torna a suggerirgli un metodo più decisamente leninista e dirigista, abbandonando l’utopia rousseauniana dell’uno che vale uno. Ma, francamente, visti i casi di Genova e Parma e altri, non mi pare che il famoso comico ne abbia bisogno. Anzi, se a pensar male si fa peccato ma ci si indovina, direi che il Grillo leninista approfitterà ben presto delle prossime elezioni legislative per rimuovere la Raggi dal Campidoglio, candidandola al Parlamento. Una sana applicazione del principio “ Promoveatur ut...”.

Certo, dare per defunto il suo movimento contandone malamente l’insuccesso alle recenti amministrative parziali non è segno di grande lungimiranza da parte dei suoi detrattori. Vediamo perché. In primo luogo, nessuna comparazione assoluta è possibile con i voti al simbolo dei suoi maggiori “competitor” politici, annegati e sfumati in un oceano di liste civiche dalla paternità assolutamente incerta e indecifrabile. Al contrario di M5S che ha corso sistematicamente in solitudine con il simbolo ben visibile. Per il Movimento è facile, quindi, calcolare il suo peso reale in funzione del numero dei voti validamente espressi (al netto, quindi, di astensione, schede bianche e nulle). Ma Grillo ha un problema insolubile a monte: la fragilità assoluta dello schema algoritmico con cui si selezionano i candidati e l’incontrollabilità dei micro comportamenti diffusi che rendono di tipo browniano il Movimento, con le particelle (gli iscritti al blog) che si muovono in modo disordinato nella rete “liquida” dei social, alternando velleitari protagonismi, veleni e polemiche che necessitano di una forte sterzata dirigista.

Quindi, la sceneggiata napoletana del “Chi ha tradito chi”, votando l’emendamento della Biancofiore per rafforzare l’autonomia elettorale del Trentino, sottraendolo alla regola nazionale, è rompere su di una questione di lana caprina un imbarazzante bacio della morte con il Pd sulla nuova legge elettorale. La verità è nelle pieghe sempre imbarazzanti dei meri interessi di bottega: a Renzi, Grillo, Berlusconi e Salvini, autentici padri-padroni dei loro rispettivi partiti, conviene al di sopra di ogni cosa mantenere l’impianto delle liste bloccate e del loro surrogato odierno, sopravvissuto all’Italicum, dei capilista bloccati. Questo perché il sogno di tutti loro è di una “macronizzazione” del sistema Italia, calando dall’alto le “novità” di giovani e intellettuali di spicco nei collegi e nelle circoscrizioni elettorali. L’esigenza, beninteso, non viene dal nulla: se avessimo ancora oggi la vecchia Dc, con le sue correnti, i suoi pacchetti delle tessere e i vari, temibili cacicchi plenipotenziari sui rispettivi territori, allora per definizione diventerebbero assolutamente incompatibili l’euro e le politiche di rigore finanziario di Bruxelles e di Francoforte.

Ovvero, in Italia prolifererebbero i Masaniello pronti a chiamare alla rivolta le varie piazze d’Italia, da Nord a Sud. E, tra l’altro, questo schema è davvero complicato dalla mancanza di “Popolo”. Che cosa è divenuto quest’ultimo? Come mai non si fa più contenere nei vecchi e arrugginiti bacini elettorali? Perché oggi non ha più alcun senso di parlare di “destra” e “sinistra”? Semplice, in fondo, dare una risposta sensata: oggi, in regime di globalizzazione, evapora il concetto “Nazione”, tanto è vero che i partiti sovranisti vorrebbero proprio ricostruire rigidi perimetri per l’esercizio dell’interesse nazionale ormai completamente rimosso o inattuabile. Quindi, chiunque governi le attuali democrazie occidentali deve dare risposte immediate e sensate a problemi assolutamente comuni, che riguardano immigrazione, occupazione e crescita economica. Quindi, i ben noti poteri sovranazionali politico-finanziari si muovono oggettivamente per la conferma di leadership nazionali sempre più forti e dominanti e, in fondo, “asservite”. “Hic Rhodus”.

Aggiornato il 15 giugno 2017 alle ore 22:21