La giustizia tra processi e interferenze politiche

Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna non dovrà riesaminare il caso Riina applicando i principi di diritto stabiliti dalla Sentenza della Corte di Cassazione. Dovrà ubbidire alle “esigenze” affermate dall’Antimafia militante e tener conto solo della decisione della Commissione parlamentare Antimafia presieduta da Rosy Bindi che ha stabilito che la Cassazione ha detto inconcludenti minchiate, ha accertato che Totò Riina meglio di come sta in carcere non potrebbe stare e che non deve essere accolto né in via principale né nella subordinata il suo ricorso in ordine al regime del 41 bis.

Se in un altro caso una qualsiasi Commissione parlamentare, l’Assemblea di una o di ambedue le Camere avesse espresso, in corso di causa o anche a decisione avvenuta, un giudizio meno che di pieno consenso alle decisioni prese e da prendere. L’Associazione Magistrati, la stampa leccatoghe ecc. ecc. avrebbero fatto l’ira di Dio.

Una “decisione” in sede politico-parlamentare come quella annunziata dalla presidente dell’Antimafia sarebbe stata seguita da uno sciopero generale dei magistrati. Qualunque cavolata ai danni del diritto e dei cittadini, cui il potere politico, l’Esecutivo, il Parlamento, avesse opposto il “suo” giudizio, o soltanto espresso dissenso ed esecrazione, annunziando che, invece, si sarebbe dovuto fare così e così, avrebbe provocato il terremoto.

Un momento, però. Anche il principio della separazione dei poteri, che nel nostro Paese significa essenzialmente intangibilità e irresponsabilità delle cazzate è oramai obsoleta. C’è potere politico e potere politico, ci sono decisioni e decisioni.

La separazione dei poteri delle Istituzioni è valida se coincide con la separazione del ruolo politico delle Istituzioni stesse, con la loro deformazione di fatto. Intangibili, non criticabili, indiscutibili sono le decisioni della magistratura in quanto espressione del Partito dei Magistrati e da parte di altri poteri allineati e coperti dietro il P.d.M. Ma se un organo Parlamentare, sia pure presieduto da Rosy Bindi, si fa paladino oltranzista delle stesse teorie e delle prassi del P.d.M., magari, anzi, soprattutto, dell’ala estremista di esso, per criticare, sopraffare, intimidire qualche magistrato “deviato” rispetto alle ideologie ed alle prassi del Partito, ben venga tale intervento. Evviva la “collaborazione” dei poteri reali, dei potentati. E, magari, dei fanatici.

La Cassazione “ha stabilito che...” ma Rosy Bindi, nota etc. etc., ha pronunziato la sua super-sentenza, in diritto e in fatto. E che quel magistrato di Sorveglianza di Bologna non si azzardi a scantonare. Chi non avesse ancora capito che significa “Partito dei Magistrati”, al quale sono da considerarsi iscritti anche “terziarii” e “terziarie” laici e laiche (si fa per dire) non ha che da riflettere su quanto è avvenuto e, soprattutto, su quanto “NON” è ancora avvenuto.

Aggiornato il 15 giugno 2017 alle ore 09:56