Tonelli (Sap): “La leva obbligatoria? Risorsa straordinaria”

“Dal ’68 in poi si è affermata la cultura secondo cui il cittadino ha solo diritti. Questo non è vero: bisogna ricevere, ma anche saper dare”. Gianni Tonelli, segretario del Sindacato Autonomo di Polizia (Sap, ndr), non ha dubbi: il ritorno alla leva obbligatoria è un’ottima palestra per formare le nuove generazioni, oltre a costituire una risorsa straordinaria per le forze di polizia. In un sistema al collasso per i tagli selvaggi alla sicurezza parlare di leva obbligatoria equivale quindi a “trovare acqua nel deserto”. Tanto è grave la situazione. Tonelli spiega i problemi delle forze dell’ordine. I tagli, appunto, alle unità. Ne mancano addirittura 1700 nell’esercito anti ‘ndrangheta in Calabria. Riduzioni di personale sono arrivati anche su tutto il territorio nazionale: le volanti impiegate nel controllo del territorio sono diminuite del 40%. Ma la leva obbligatoria, come detto, è anche cultura ed educazione. “Il disastro etico-morale che viviamo oggi è qualcosa che arriva da lontano, dal ’68 appunto. Le generazioni precedenti, quelle che hanno contribuito a ricostruire questo paese - la generazione del boom economico - sapevano bene quanto fosse importante servire il paese. Dovremmo tornare a quel modo di pensare”.

Come sa il ministro Roberta Pinotti ha parlato di reintrodurre la leva obbligatoria. Che ne pensa? È d’accordo?

Sì, sono assolutamente d’accordo. Per noi sarebbe una grande risorsa il fatto di poter disporre di nuovo personale da indirizzare poi in tutte le località d’Italia in cui c’è bisogno. Sarebbe molto importante. Potremmo disporre di un periodo in cui le persone vengono “filtrate” sotto il profilo dell’attitudine al servizio etico-morale: un modo per i giovani di crescere e occuparsi della collettività.

Entrerebbero nuovi giovani in polizia?

Certo. Sarebbe per noi un’occasione straordinaria.

E sarebbe un’ipotesi che mette d’accordo tutto il Parlamento…

Esatto. Si tratta di un provvedimento che mette d’accordo sia maggioranza che opposizione. Anche Matteo Salvini si è espresso in più di un’occasione in questa direzione. Sarebbe un disegno di legge sul quale poter trovare una convergenza ampia.

Insomma secondo lei c’è bisogno di nuovi uomini nelle forze di polizia?

C’è molto bisogno. Siamo all’asfissia dell’apparato. Ce ne sarebbe bisogno come l’acqua nel deserto, considerando che siamo al completo collasso operativo. Stanno chiudendo uffici. È proprio di ieri la notizia della chiusura di 54 uffici della polizia postale, 15 della polizia ferroviaria, 18 della polizia regionale.

Ed è solo l’inizio...

Chiuderanno oltre 300 uffici. Siamo veramente al collasso. Addirittura anche nel settore dell’antimafia mancano uomini. Hanno gradualmente tagliato le unità. Ne mancano 1700 nell’esercito anti ‘ndrangheta in Calabria. E tagli sono arrivati anche su tutto il territorio nazionale: le volanti impiegate nel controllo del territorio sono diminuite del 40%. Il problema è questo: sono cose che denunciamo da tre anni.

Lo scorso anno lei ha fatto anche uno sciopero della fame su questo?

Hanno tentato di chiuderci la bocca e sono stato costretto allo sciopero di 61 giorni. Cercavano con delle ritorsioni assolutamente illecite di bloccare la nostra attività informativa verso il paese.

Come dice la polizia ha problemi di personale. Questi giovani sarebbero d’aiuto?

Questi giovani aiutano perché abbiamo un’età media del personale di circa 50 anni. Abbiamo di fronte una polizia che è invecchiata e questi ragazzi contribuirebbero a ridurre l’età dando nuova energia. Poi bisognerebbe recuperare gli uomini tagliati dagli ultimi governi.

Cosa è successo?

C’è stata una vera e propria decapitazione non solo di uomini, ma anche di risorse. Nel 1992 avevamo a disposizione 90milioni di euro per le divise. Nel 2014 solo 15,8 milioni. Abbiamo lasciato alla dittatura dei ragionieri di stato il compito di operare una spending review che ha tagliato selvaggiamente in tutti i settori dell’apparato.

Ha il timore che il governo voglia smantellare le forze di polizia?

Dico solo una cosa: il primo problema che i cittadini hanno rilevato negli ultimi tempi è la sicurezza. Io non mi capacito come non ci sia stata una risposta adeguata da parte della politica. Non c’è stata una riforma dell’apparato. È inutile chiudere un posto di polizia postale a Viterbo lasciando poi 8 centrali operative, 8 uffici ammnistrativi, 8 uffici personale, 8 uffici automezzi… Hanno eliminato la forestale che era l’unità più piccola di tutte le forze di polizia: in questo caso la montagna ha partorito il topolino. Sono tutte misure che volevano far passare come riforma, ma non c’è stata nessuna riforma. Serve qualcosa di più radicale.

Perché è importante la vecchia leva obbligatoria secondo lei?

Per tanti motivi. I giovani che arrivavano venivano selezionati e motivati. Poi credo che la leva obbligatoria sia un momento di educazione. Un momento di tagli di cordoni ombelicali. Un modo per inserirsi nella società capendo che non ci sono solo diritti, ma anche dei doveri.

Diritti e doveri dice…

Certo! Dal ’68 in poi si è affermata la cultura secondo cui il cittadino ha solo diritti. Questo non è vero: bisogna ricevere, ma anche dare. Il disastro che viviamo oggi sotto il profilo di decadenza etico-morale è una conseguenza di questo modo di pensare. Le generazioni precedenti al ’68, quelle che hanno contribuito a ricostruire questo paese. La generazione del boom economico lo sapevano bene. Dovremmo tornare a quel modo di pensare.

L’Italia è l’unico paese in Europa a non avere una leva obbligatoria. Che ne pensa?

Penso che sia stato commesso un errore. Ribadisco: come formazione del cittadino è indispensabile essere chiamati ad alcuni doveri, se non altro per sentirci parte di una comunità (anche come risposta allo spettro del nichilismo, ndr). Questo è un concetto che la leva obbligatoria coltiva.

Impegnarsi per non cedere al nullismo?

È un’attività importante per una società, ma sono consapevole che si tratta di un sacrificio non da poco. Tuttavia, un anno impiegato nella leva obbligatorie o nel servizio civile dedicato alla collettività è una palestra che i giovani sono tenuti a fare. Altrimenti non lamentiamoci quando ci dicono che siamo il paese in cui il concetto di comunità è il più blando, asfittico e poco sentito d’Occidente.

Aggiornato il 19 maggio 2017 alle ore 12:37