Il partito delle procure a... Cinque Stelle

La convention di Ivrea per commemorare Gianroberto Casaleggio a un anno dalla scomparsa passerà forse alla storia, e magari anche alla geografia, non solo per il servilismo di alcuni giornalisti saltati in anticipo sul carro del presunto vincente (e che hanno accettato con nonchalance di fare da presentatori della cosa), ma anche per la constatazione che, forse, sta nascendo un nuovo partito delle procure. Ed è ovviamente a Cinque Stelle. E, constatato l’eco mediatico di certi nomi, il progetto è in fase avanzata.

Da Piercamillo Davigo a Francesco Greco (costretto a disdire la presenza dopo le critiche piovutegli addosso) passando per il pubblico ministero Sebastiano Ardita, in trincea antimafia a Messina, e a tanti altri nomi ancora (tra cui persino Nicola Gratteri, procuratore capo a Catanzaro e notoriamente in prima linea contro la ‘ndrangheta), i grillini non si fanno mancare niente. Anche perché la grande marcia che ha portato il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo e Casaleggio a sostituirsi all’ex Partito Comunista Italiano come polo politico di riferimento del cosiddetto partito delle procure parte dal 24 febbraio del 2015, giorno in cui apparve sul blog della Casaleggio Associati un post con tanto di logo del gruppo grillino alla Camera dei deputati, che già dal titolo era tutto un programma: “Responsabilità civile dei magistrati? Per il M5S è prioritaria quella dei politici”.

Erano i tempi in cui si discuteva e si approvava la scialba proposta dell’allora, come oggi, Guardasigilli Andrea Orlando. Che non era ancora in rotta di collisione con l’ex premier Matteo Renzi. Né tantomeno suo concorrente alle primarie per scegliere il nuovo segretario il prossimo 30 aprile. E già al Csm e dentro l’Anm c’era qualcosa che aveva fatto andare su tutte le furie l’ala più corporativa delle toghe: la rivalsa automatica dello Stato sulla toga che aveva commesso l’errore per colpa grave o dolo. Questo quando la vittima della giustizia era riuscita a ottenere un risarcimento economico pagato da tutta la collettività.

Che differenza c’è tra il vecchio partito dei giudici, quello preconizzato fin dai tempi di Togliatti con la teoria della presa delle “casematte del potere”, e poi messo in opera a partire dall’entrata di Luciano Violante in politica a metà degli anni Ottanta (anche se oggi se c’è un nemico dei magistrati in Parlamento, specie nella modalità “andata e ritorno”, è proprio lui, ndr) e quello dei grillini odierni?

La storia nelle tragedie si ripete come farsa, notoriamente. Così salta agli occhi la difesa corporativa delle toghe cui i grillini aderiscono con entusiasmo. Un po’ come nella battaglia della sindaca Virginia Raggi a Roma a favore dei tassinari che mettono a soqquadro la città da lei stessa amministrata pro tempore, o quella dei grillini insieme agli ambulanti contro la direttiva Bolkestein in Europa.

Il Pci di Enrico Berlinguer guardava ai magistrati in politica in maniera rivoluzionaria e anti-sistema, quello apparentemente immutabile della Democrazia Cristiana dell’epoca e poi del pentapartito. Rivoluzione “fiorita” poi nella stagione di “Mani Pulite”. I grillini semplicemente pensano di portare i magistrati dalla loro parte adulandone le tendenze corporative. E siccome in Italia è sempre una gara a saltare sul carro dei vincenti, si può dire che il calcolo potrebbe non essere sbagliato. Nessuno smentisce interesse per la galassia della Casaleggio e Associati. Senza paura di sbilanciarsi. Il “Fatto Quotidiano”, cioè l’house organ ideale di questo disegno di avvicinamento toghe-grillini, da molti, a destra e sinistra, giudicato pericoloso e autoritario, parla senza pudore di “Governo dei migliori”.

Gli altri per ora aspettano di vedere come andrà a finire quando le urne delle future elezioni politiche decideranno se gli italiani dovranno morire grillini piuttosto che renziani. Certo, per il “Partito delle procure” il movimento di Grillo sta diventando un piano A piuttosto che B.

Aggiornato il 27 aprile 2017 alle ore 16:51