Li soprani der monno vecchio a... 5 Stelle

Ospite di Lilli Gruber, Davide Casaleggio, erede in tutto e per tutto del defunto padre Gianroberto, è riuscito in modo assolutamente magistrale a vincere il campionato dei pesci in barile, riuscendo a glissare le domande più imbarazzanti relative al Movimento Cinque Stelle.

Soprattutto sull’aspetto nodale della democrazia interna, egli ha realizzato un capolavoro dialettico, cantando le lodi della truffa pentastellata del cosiddetto “uno vale uno” e, nel contempo, sostenendo la dura ma ineliminabile necessità di avere un garante del calibro di Beppe Grillo. Quest’ultimo, indicato dallo stesso Casaleggio quale vero capo politico del Movimento. Da questo punto di vista il giovane presidente della Casaleggio Associati più che rifarsi alla famosa massima romana “dura lex, sed lex”, nel tratteggiare la figura di un capo politico dai risvolti autoritari, sembra che abbia voluto ispirarsi a un celebre sonetto del Belli, “Li soprani der monno vecchio”: C’era una vorta un Re cche ddar palazzo mannò ffora a li popoli st’editto: Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo, sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.

D’altronde, di fronte a un non-partito regolato da un non-statuto e in cui nella figura di un comico qualunquista si cumulano i ruoli di garante e di capo politico assoluto cos’altro si può dire? La situazione appare piuttosto grave, visto il consenso riscosso malgrado tutto dai grillini, ma non possiamo definirla in alcun modo seria. Se a una parte consistente degli elettori e dei simpatizzanti pentastellati piace farsi prendere quotidianamente per i fondelli da un partito aziendale che dietro la facciata della Rete adotta un rigido e spietato modello autocratico non possiamo farci nulla. Ma è comunque certo che da una simile, assurda commistione di autoritarismo, di subdolo culto della personalità e di strampalati input programmatici presi a casaccio dal crogiòlo della medesima Rete non c’è da aspettarsi nulla di buono per il Paese.

Aggiornato il 27 aprile 2017 alle ore 17:29