Diritto di reazione

Il dibattito sulla legittima difesa dimostra e conferma (semmai ce ne fosse stato il bisogno...) che nel nostro Paese non è sviluppata la capacità di decidere, di scegliere, di legiferare in maniera chiara e definita.

E allora scatta l’inconcludente analisi per valutare se il ladro è armato, se il derubato è ansioso o nevrastenico, se il delinquente è passato per caso nella proprietà della vittima, se il padrone ha studiato fino in fondo le reali intenzioni del lestofante, e facezie di questo tipo. Intanto le cronache quotidiane continuano a riferire di episodi di cronaca nera che sono al di fuori di ogni logica.

Perché se il ladro - magari di notte mentre una famiglia dorme - entra nella “mia” casa, o forza la porta d’ingresso e accede nel “mio” negozio per derubarmi, o entra nel “mio” cortile magari per portarsi via la “mia” macchina, il minimo che possa fare è difendermi dalla violazione che sto subendo. E non posso certo accertarmi, in quei frangenti, se il malfattore sia armato o meno: mi devo difendere e basta perché chi mi è di fronte ha violato la “mia” proprietà. Punto.

Ma siccome, sui temi importanti, al nostrano potere legislativo piace più tergiversare che decidere, ho apprezzato la proposta fatta l’altro giorno dall’avvocato Giulia Bongiorno dagli schermi di Rai News 24: inserire nella nostra legislazione il diritto di reazione. In certi e ben definiti casi, la vittima del reato ha il diritto di reagire al sopruso che sta subendo, al di là di come e con quali mezzi si concretizzi la sua difesa. Verrebbe così messa al centro dell’attenzione (finalmente!) la difesa della vita e della proprietà quando le stesse vengono violate da ceffi disposti a tutto perché spesso non hanno nulla da perdere.

Aggiornato il 08 maggio 2017 alle ore 13:03