L’Islam: la Shoah dell’Illuminismo

mercoledì 5 aprile 2017


“Chi ha ucciso l’Illuminismo”? Una coppia di assassini, direi. Un sicario mondaiolo e secolare, di recente conio, come il “politically correct”, irenista e buonista, e un avversario escatologico, ultramillenario come l’Islam, nato 1400 anni fa, contraddistinto dall’odio imperituro contro noi “crociati” in quanto cristiani, e da sempre un antagonista, eversivo e inaccettabile, delle radici illuministiche occidentali. Ma l’Illuminismo, in fondo, se l’è auto inflitta questa Shoah suicidandosi con lo strumento del Relativismo, che postula il diritto alla totale libertà religiosa equiparando al cristianesimo qualsiasi fede anche settaria, per quanto stramba e assurda, purché rispettosa delle regole dello Stato di diritto. Troppi, qui da noi, nel caso dell’Islam insistono sul concetto folle e incosciente di “integrazione”, dimenticandosi che per il fedele musulmano questo significherebbe una resa incondizionata a noi, nemico supremo, dei senza Dio e degli apostati tutelati da… legge.

Gli illuministi moderni pretendono che, qualunque sia la tua razza o religione, il tuo ceto e censo sociale, se violi il nostro codice penale sarai punito “ragionevolmente” dal nostro sistema di giustizia e di sicurezza. Questo molto, ma molto in teoria. Quando le società autoctone consentono, per ragioni validissime (quali la necessità di avere manodopera immigrata o di accogliere chi, pur non avendo diritto, arriva disperato da noi a centinaia di migliaia o milioni di unità), la formazione di sempre più forti e numerose minoranze interne di fede islamica più o meno ghettizzate, allora è chiaro come il conflitto tra “Noi e Loro” divenga sempre più violento ed esplicito. Del resto: si può fare del nostro territorio un immenso carcere, punendo severamente comportamenti “massivi” collettivi e individuali che violino le nostre regole di diritto, quali le pratiche di infibulazione, il matrimonio coatto quando si è poco più che bambine, la copertura del corpo e l’imposizione del velo per quanto riguarda le donne, nonché le operazioni rituali di macellazione degli animali, etc.?

La recente strage di Londra conferma che l’ideologia islamista radicale propone al criminale, al marginale e allo sbandato convertito un’ampia gamma di assoluzione e di redenzione attraverso il martirio di se stessi per la punizione degli infedeli. Chi aderisce al terrore fai-da-te sceglie il modello del “Lupo solitario” che, però, fa comunque riferimento a un mediatore jihadista per la sua attivazione. E le barriere anagrafiche non contano, poiché a qualunque età la nuova recluta può pensare al proprio riscatto attraverso il martirio e l’eccidio di molti: cittadini comuni, uomini in divisa, religiosi non mussulmani. Il lupo autoctono per cittadinanza (e addirittura per nascita, non di rado) ha le sembianze di un vero “agente silente”, figura ben nota nel mondo dell’intelligence assieme a quelle di agenti doppi e tripli. Questo tipo di soggetto si annida come un baco nel bozzolo all’interno di una certa comunità di antico insediamento, della quale conosce per esperienza di vita usi e costumi, istituzioni, funzionamento concreto degli apparati repressivi e di sicurezza.

Il balordo e il piccolo criminale hanno, infatti, sufficienti nozioni delle difese attive e passive della società in cui vivono, grazie al loro curriculum criminale fatto di piccoli precedenti penali, spesso accompagnati da brevi carcerazioni, attraverso le quali in un modo o nell’altro sono venuti a contatto con il soggetto responsabile della loro radicalizzazione. Nel loro delirio da “cupio dissolvi” nichilista, nemici sono tutti coloro che non credono nel Corano e non ne seguono fedelmente i precetti. Perfino i passanti sono considerati da costoro “combacting bystanders” ed equiparati a infedeli crociati, apostati, eretici, tutti maledetti da Dio e degni di essere puniti con la morte sempre e ovunque essi si trovino nel mondo, salvo conversione o sottomissione. Nei loro profili si coglie una sconcertante “normalità”, in quanto appartenenti alla sempre crescente moltitudine di persone protagoniste del disagio urbano, che vivono ai margini della società facendo parte della piccola criminalità quotidiana di strada, delle bande di balordi, etc..

Accade che molti di costoro, pur non vantando alcuna formazione religiosa in assoluto o, viceversa, avendola agnosticamente si convertano o ne riscoprano una nuova, assoluta, come l’Islam radicale. Quest’ultimo ha dalla sua un’enorme forza attrattiva a noi del tutto sconosciuta, che fa leva sul seguente principio di universalità: “se sei un musulmano, qualunque sia la razza, ceto e condizione sociale che ti contraddistingue, tu appartieni alla Umma universale”. Questo significa offrire ideologicamente a chiunque una potentissima molla di riscatto, di assimilazione, di pietas e tolleranza per i peccati anche gravi e gravissimi commessi in precedenza. Storicamente, poiché con l’Islam esistono solo tregue temporanee tra Occidente e Umma, occorre dare per scontata l’alternanza di periodi a bassa o alta conflittualità tra di loro.

Ora, malgrado le parole ecumeniche e l’erenismo di maniera di tante persone in buona fede, stiamo attraversando e percorrendo uno dei tanti rami ascendenti di questo scontro ideologico-religioso, non più solo dialettico. Noi abbiamo, inutilmente, l’atomica. Loro il profondo disprezzo della vita umana, legittimati a ciò da un principio superiore, assoluto di origine divina. Per di più eterno e immutabile, come lo sono i versetti e le sure del Corano! La conclusione? Dovremmo fronteggiare tutto ciò esclusivamente irrobustendo la nostra fortitudo spirituale. Ahimè, cosa forse impossibile per chi, come noi, si è da molto tempo arreso al materialismo e al secolarismo.


di Maurizio Bonanni