25 marzo: l’Europa non è Hollywood

È la solita scenografia da consegna degli Oscar, o dei premi cinematografici di Venezia o di Cannes o di Taormina. È un cerimoniale di gran lusso con ricchi premi e cotillon, menù stellato, tappeti rossi, luci e fiori in stile Festival di Sanremo. Tutti sorridenti e felici alla foto di gruppo, assedio di report per strappare interviste e dichiarazioni di un successo epocale. Questo è quanto accadrà il 25 marzo, perché è sempre stato così.

È sempre così che fanno i “Signori dell’Europa”, in nome della solidarietà, dell’attenzione a chi soffre e del sostegno ai più deboli, si riuniscono e fanno festa come fossero a un ballo degli Zar. Eppure quest’anno più che mai l’Europa non solo è in crisi, ma vive il dramma di un impoverimento crescente, di un’immigrazione biblica e di un euroscetticismo montante per le difficoltà economiche. Per non parlare del pericolo sicurezza, dei problemi dell’Euro, dei debiti e dei vincoli, dei disagi sociali.

Insomma, a venticinque anni da Maastricht da festeggiare ci sarebbe ben poco, oppure, ammesso che fosse, meglio farlo in modo sobrio, morigerato. Ma i soloni europei non ci sentono e non rinuncerebbero mai a sottolineare la differenza fra loro e i comuni mortali. Anzi, prelevano dalle tasche di tutti i soldi per festeggiare, pagare stipendi da nababbo, privilegi da Re sole, erogare compensi enormi ai superburocrati.

Insomma, si è perso completamente il senso della misura e del rispetto, il senso dell’opportunità politica, il senso della realtà. Quella realtà che dice e vede un’Europa divisa, sfilacciata, in crisi di identità e soprattutto di risultati. Tranne la Germania, che l’Unione europea e l’Euro se li è tagliati sul suo drop, la maggior parte dei Paesi è in pieno affanno economico-sociale. L’idea geniale delle velocità diverse nulla significa se non l’inizio della fine e l’assedio migratorio rischia di esplodere come la peggiore bomba sociale. Al di là delle ipocrisie che circolano, in venticinque anni sono aumentate le divaricazioni, le diseconomie e la frattura fra politica e cittadini è diventata grande e pericolosa. La moneta unica è in crisi e senza il pompaggio adrenalinico della Banca centrale europea sarebbe travolta dai mercati. Insomma, c’è poco da far festa. La verità è una sola e i capi intoccabili anziché spocchiose kermesse dovrebbero chiudersi in un modesto e anonimo convento, per riscrivere tutto dei Trattati dalla A alla Z. Solo così si potrà pensare di salvare l’Euro, la Ue e il sogno europeo; solo così si restituirà fiducia e prospettiva alla gente; solo così l’unità avrà un senso. Altrimenti spente le luci, scartati i regali, smaltiti i fumi dello champagne, resterà il pericolo di un continente alla deriva.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:45