Garante Nazionale,  schizofrenia Orlando

È ricca di cifre eloquenti, oltre che un buon segnale per l’impegno alla tutela dei diritti, la relazione del primo anno di attività del Garante nazionale per i diritti delle persone detenute o private della libertà, guidato da Mauro Palma (nella foto) e di cui sono componenti Emilia Rossi e Daniela de Robert.

La relazione del primo anno di attività e monitoraggio e vigilanza sulle condizioni dell’esecuzione penale e in generale di tutte le misure di privazione o restrizione della libertà personale, presentata martedì scorso alla Camera dei deputati, segna un ulteriore passo avanti nell’attribuzione di un ruolo centrale alla prevenzione sul piano della tutela di diritti e garanzie di chiunque si trovi privato della libertà o subisca restrizioni e limitazioni nelle possibilità di movimento. Un ampio spettro di condizioni su cui il Garante ha illustrato il suo campo di azione di vigilanza, osservazione e successiva proposta alle istituzioni competenti.

Dalle carceri alle camere di sicurezza in cui le forze di polizia eseguono il fermo e l’arresto, dalle Rems (Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza, le strutture nate dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e a rischio di diventare luoghi di ricovero per indistinto cumulo di soggetti al contrario bisognosi di prese in carico differenziate e articolate) alle criticità del disagio psichiatrico in carcere che ricade su chi lavora negli istituti ma non ha formazione adeguata, alle situazioni di Trattamenti sanitari obbligatori o strutture di ricovero di anziani e disabili, dai Centri di identificazione ed espulsione (Cie) agli hotspot, alle zone aeroportuali di non ammissione al territorio del Paese, ai charter per i rimpatri coordinati con Frontex o nazionali. Sono quattro le aree del controllo che definiscono l’azione del Garante nazionale: l’area penale, della sicurezza, del controllo delle migrazioni e l’area sanitaria. Con una particolare attenzione, come spiegato da Daniela de Robert, al monitoraggio tra tutela della dignità umana e disagio psichico, condizioni della detenzione femminile e dei transessuali, e violazione della territorialità della pena.

È evidente che la spinta data al nuovo Organismo collegiale di garanzia si inserisca nell’ambito delle politiche disposte da questo Governo a completamento dell’azione intrapresa nel dopo sentenza Torreggiani, la sentenza di condanna che la Corte di Strasburgo nel 2013 assestò al nostro Paese per violazione degli articoli della Cedu che vietano la tortura e i trattamenti inumani e degradanti delle persone ristrette. Osservazione, vigilanza e proposta, ma soprattutto prevenzione, rappresentano dunque le linee su cui si muove il Garante nazionale, introdotto ed istituito nel nostro ordinamento, come è stato spiegato durante la presentazione della relazione del 2017, con legge italiana e decreto del ministero della Giustizia, ma regolato anche dall’Opcat (Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti) e da una direttiva europea del 2008 per ciò che concerne le norme e le procedure sul rimpatrio dei cittadini non europei irregolari. E con all’attivo cifre importanti in termini di visite compiute in un anno di vita: 80 effettuate in 30 istituti di pena per adulti, un carcere militare, 3 istituti di pena minorili, 2 centri di accoglienza di minori, 14 strutture di forze di polizia, 4 Cie, 4 hotspot, 2 hub di accoglienza migranti, 2 comunità, 2 case famiglia per madri detenute con figli, 6 voli di rimpatrio forzato. Ma anche significativi traguardi messi a segno durante i mesi passati. Spiega Emilia Rossi, componente dell’ Organismo al suo primo anno di attività, ad esempio, dopo aver presentato un esposto presentato a maggio 2016 per violenze e maltrattamenti ai danni dei detenuti della casa circondariale di Trento e del cui procedimento penale si era discussa l’archiviazione davanti al Gip, il Garante nazionale ha ottenuto che il giudice disponesse la prosecuzione delle indagini. O ancora, oltre ad aver trattato oltre 108 reclami ex articolo 35 dell’ordinamento penitenziario, ha redatto un rapporto su rilevati maltrattamenti e presenza di celle usate a scopi punitivi e tenute in condizioni al di sotto degli standard accettabili nel carcere di Ivrea, che ha spinto il Dap a disporne la chiusura e la ristrutturazione delle celle. Il dato confermato in tutta la sua gravità nella relazione è quello del sovraffollamento delle carceri, con una distanza nuovamente allarmante tra posti disponibili e numero di presenze (300 per cento rispetto alla capienza), che è alla base della violazione del divieto di tortura e di trattamenti degradanti e inumani oltre che dell’articolo 27 della nostra Carta costituzionale che vieta pene contrarie al senso di umanità e che prescrive la funzione rieducativa della pena.

Sono dati gravi che però svelano con sempre maggior evidenza la schizofrenia di un Governo che da una parte ha tenuto la barra del timone dritta sull’emergenza carceraria e sulla volontà di ricondurre il mondo dell’esecuzione della pena in una condizione di legalità e di rispetto del dettato costituzionale che ne prevede la funzione rieducativa e di reinserimento delle persone ristrette sottraendolo almeno nelle intenzioni all’impietoso e inefficace ruolo meramente retributivo, afflittivo e infantilizzante che ancora detiene e prevedendo un maggior ricorso a misure alternative al carcere. E l’ultimo decreto del ministero della Giustizia del 2015, per definire la struttura del Garante e consentirgli quindi la piena operatività, si muove in questa precisa direzione. Dall’altro ha appena chiesto la fiducia a un ddl sulla riforma del processo penale che prevedendo l’aumento delle pene per furti e rapine e l’innalzamento da sei a dodici anni per reato di scambio elettorale politico mafioso, andrà ad aggravare il già disastroso sovraffollamento carcerario, inconciliabile proprio con quel rispetto della dignità umana di ogni detenuto che, anche solo a voler parlare di ripercussioni sulle casse dello Stato, ci eviterebbe altre salate sanzioni europee.

Come se non bastasse, l’aver istituito la dannosa fattispecie dell’omicidio stradale il cui bilancio è un allarmante incremento dei casi di mancato soccorso in caso di incidente (il rischio della prigione è un ottimo incentivo alla fuga!) a fronte di una media degli incidenti pressoché invariata. La sensazione è francamente che l’Esecutivo ci voglia sottoporre al trattamento del bastone dell’ingiusto processo e del dannoso aumento delle pene in attesa di farci assaggiare la carotina del carcere riformato anche grazie alla preziosa attività del Garante.

Lo strabismo, però, non è tutto del Guardasigilli Andrea Orlando, che con la richiesta della fiducia alla sua riforma del processo penale e nella foga di assicurarsi il suo personale bottino elettorale, si presenterà sì alle primarie (da cui difficilmente uscirà vincitore) con una medaglia politico-giudiziaria destinata in futuro a essere ricordata come una un’orribile riforma-non riforma e a contribuire a comprometterne il cammino politico. Il paradosso è che questo strabismo schizofrenico (o più semplicemente opportunistico e prono alle ingerenze di settori influenti delle toghe) del ministro della Giustizia si “incrocia” a quello dei 5 Stelle che, in evidente assenza di connessioni sinaptiche e dal pulpito del loro notorio approccio razionale, alieno da qualsiasi macchia di populismo politico e penale, hanno commentato la relazione del Garante evidenziando “il trend che vede un aumento costante del sovraffollamento nelle carceri”. “Addirittura - aggiungono con sussultoria impennata di consapevolezza - il Garante Palma riferisce di come in alcune carceri italiani si raggiunga il 300 per cento di sovraffollamento, una percentuale che non ha bisogno certamente di essere spiegata. Purtroppo si deve aggiungere il terribile dato di dodici suicidi e ben 205 tentativi di suicidio”.

Siamo d’accordo. Infatti, no, non avrebbe davvero bisogno di essere spiegato il perché crescono sia gli ingressi in carcere sia le presenze registrate quotidianamente se la cialtroneria, l’irrazionalità e l’ottusità populista di un movimento che salda la propria all’ignoranza ormai conclamata degli italiani, non rappresentasse il ciclopico ostacolo all’individuazione di correlazioni evidenti anche a un ragazzino di prima media. E a quella che Mauro Palma ha definito nella sua relazione introduttiva sulla funzione del Garante, “un tentativo di esercizio di comprensione del presente”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:46