Abolire il fuorigioco, la vera grande riforma

Abolire il fuorigioco dal calcio. È questa la vera grande riforma possibile in Italia e in Europa. Una cosa che cambierebbe il nostro modo di vivere dall’oggi al domani. Basta allenamenti stressanti su modelli matematici. Torniamo a giocare a pallone assumendoci la responsabilità delle nostre scelte. E usiamo il centravanti come spina nel fianco di una difesa che da quel momento sa di non poter più essere sicura se un bellimbusto, abile con i piedi e la testa, è sempre piazzato lì a pochi metri dal portiere, in grado di sfruttare qualunque lancio lungo che promanasse da una ripartenza della sua squadra. La cosa inoltre moralizzerebbe insieme lo sport e il mercato: che bisogno ci sarebbe di andare a prendere all’estero campioni costosissimi e non sempre all’altezza delle aspettative quando si potrebbero trovare decine di giovani atleti italiani capaci di buttarla dentro quando qualcuno passa loro la palla?

L’abolizione del fuorigioco è un po’ l’uovo di Colombo, moralizzerebbe il calcio rendendolo più umano e farebbe anche risparmiare sul lavoro dei guardalinee, che a quel punto potrebbero diventare arbitri aggiuntivi o di riserva. Io credo che il calcio mondiale guarderebbe all’Italia come a un faro di civiltà e di inventiva. Altro che startup. Altro che Silicon Valley. Altro che app che insegnano a usare l’acqua calda e poi vengono spacciate per rivoluzionarie. La nostra fortuna è qui e ci siamo seduti sopra.

È il pallone di cuoio con cui abbiamo imparato a giocare da piccoli a calcio. E mica c’era il fuorigioco quando eravamo piccoli. Lo abbiamo inventato da grandi e abbiamo applicato la regola anche alla politica, per questo sono nate leggi idiote come quella che prende il nome di Paola Severino. La norma per mettere in offside i talenti politici come Silvio Berlusconi. O gli avversari scomodi come Augusto Minzolini.

Basta con il fuorigioco. Torniamo tutti a correre dietro alla palla e... viva il parroco!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:44