La Corte d’Appello  e la procreazione

Il 23 febbraio scorso la Corte d’Appello di Trento, presidente Maria Grazia Zattoni, ha emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato l’efficacia nell’ordinamento italiano di un provvedimento estero (Canada?) che riconosce la doppia genitorialità di una coppia omosessuale nei confronti di due minori concepiti con la tecnica della Pma surrogata.

Si legge nell’ordinanza. Nel 2009, la coppia omosessuale, spinta dalla propria aspirazione a divenire genitori, aveva reperito una donatrice di ovociti ed una seconda donna disposta a sostenere una “gravidanza per altri” (surrogata).Alla nascita dei due bambini, come da contratto, la gestante rinunciava alla genitorialità sui nati. Con un primo provvedimento giudiziale è stata dichiarata la genitorialità del padre biologico. Con un secondo provvedimento è stata riconosciuta la cogenitorialià del coniuge omosessuale.

Sul presupposto dell’esistenza di un’unione civile e del corrispondente doppio riconoscimento genitoriale dei bambini avvenuto all’estero, la coppia omosessuale ha chiesto il riconoscimento della doppia genitorialità (non l’adozione da parte del genitore non biologico), presso un Comune italiano, considerato che “i genitori [italiani] fin dalla nascita, avevano assunto il ruolo di padre”. L’ufficiale di stato civile si è opposto alla richiesta trascrizione, rilevando che “in base alla normativa vigente i genitori devono necessariamente essere di sesso diverso”.

La Corte d’Appello di Trento ha dato torto all’ufficiale di stato civile, perché la richiesta non contrasta con i principi di “ordine pubblico”. In particolare, ha detto che, perché si verifichi contrasto con l’ordine pubblico, non è sufficiente che la norma straniera contrasti con il diritto nazionale, ma è necessario che contrasti con i principi nazionali di rango costituzionale. In concreto, la Corte d’Appello di Trento ha fatto perno sulla preminenza dell’interesse superiore del minore che, nel presente caso, si traduce nel diritto di “conservare lo status di figlio riconosciutogli in un atto validamente formato all’estero”. Testualmente, il giudice italiano afferma che: “Il mancato riconoscimento dello status filiationis nei confronti del [secondo padre] determinerebbe un pregiudizio per i minori, i quali non vedrebbero riconosciuti in Italia tutti i diritti che a tale status conseguono”. Secondo il giudice di Trento, per poter negare la trascrizione della doppia genitorialità, si dovrebbe poter “affermare che la legislazione italiana [che vieta la maternità surrogata] è espressione di principi fondamentali e costituzionalmente obbligati”. Ma così non è, perché la maternità surrogata non contrasta con nessun principio costituzionale. Al di là dei tecnicismi, di cui abbonda l’ordinanza, il solo giudizio di valore espresso dal giudice italiano è questo: la maternità surrogata non comporta violazione di nessun principio costituzionale.

Ma come? Si può forse ignorare che la “gravidanza per altri” (o “surrogata”) comporta il pagamento di un corrispettivo o (donativo che si voglia) in favore della madre gestante? Si può forse negare che, in tutte le pratiche di maternità surrogata, presupposto essenziale del contratto di surrogazione è la sottoscrizione di un atto pubblico di rinuncia, della madre gestante, alla rivendicazione del nato? Esiste o non esiste un diritto naturale ad avere un padre e una madre? Il tema del diritto del minore alla genitorialità il più possibile naturale, non è minimamente sfiorato dalla decisione. Interrogativo grande, non facile da sciogliere in un mondo che ormai ha rinunciato alla famiglia naturale. Su di esso non entrano le valutazioni dei giudici italiani. Eppure, al diritto dei genitori ad essere aiutati a risolvere le condizioni di sterilità o infertilità non può non corrispondere anche il diritto naturale dei figli ad avere una padre e una madre. L’“ordine pubblico” è il termometro della cultura di un popolo. Nella cultura giuridica italiana, oltre ai diritti di libertà, uguaglianza, solidarietà, c’è anche il diritto alla tutela della dignità umana e sociale (art. 3 Cost.), perché l’uomo è un fine, in senso kantiano, di valore assoluto, di per sé, non un mezzo frutto del desiderio genitoriale. La lesione sicura della dignità della madre gestante, cui si sottrae, anche se consensualmente, il figlio. Il pagamento, o il donativo, per la rinuncia alla rivendicazione della maternità. L’assenza di ogni considerazione sul diritto dei bambini ad avere una genitorialità naturale, costituita cioè da un padre e una madre, ben avrebbero potuto consigliare i giudici di Trento nel valutare l’esistenza di legittime ragioni di ordine pubblico “costituzionale”, ostative all’accoglimento della doppia genitorialità di due padri.

Anche questi sono gli effetti della globalizzazione (procreativa) che, per molto meno, sobilla i movimenti “sovranisti” di tutta Europa.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:44