Vittorio Sgarbi: il liberale libertino

Vagando con il telecomando alla ricerca del quasi impossibile, mi è capitato di vedere Vittorio Sgarbi, intervistato da un Tizio, uno dei soliti, anche un po’ antipaticuccio.

Ecco: chi cerca trova. Vittorio Sgarbi è uno dei pochissimi esemplari superstiti, genere tutt’altro che protetto, di liberali ancora reperibili tra quelli che hanno accesso nei media. Lo lasciano parlare, consentono che la gente lo conosca perché lo scambiano per un tipo “bastian contrario”. Che è cosa ben diversa da quello che invece è: un personaggio controcorrente, un liberale. Inoltre Vittorio dà l’impressione di non prendersi sul serio. Invece è estremamente coerente. Forse si sente più che un liberale, un libertino, che è poi la versione settecentesca del liberale. E non è poco.

È l’unico in Italia, tra quelli che hanno voce, ad aver capito che c’è un Partito dei Magistrati, che ci sono magistrati pericolosi, esibizionisti, arroganti. E lo dice senza remore e timore. E poi è, nientemeno, una persona colta, che non ha messo la sua cultura all’ammasso. Una cultura, appunto, liberale e libertina. È l’unico che, deputato in Parlamento, votò contro l’abolizione della necessità di una autorizzazione per procedere in giudizio contro i parlamentari. Cioè l’unico che aveva capito la storia che stavamo (e stiamo) vivendo. Potrà sembrare scettico e, magari, incapace di impegno politico. Non lo troveremo mai alla testa (e, magari, nemmeno in coda) di un partito. Ma l’impegno con se stesso lo sente fortemente.

Basta questo per doverlo ringraziare.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:44