Più Iva e migranti, l’Ue strangola l’Italia

Due sentenze della Corte di Strasburgo creano di fatto la spaccatura tra Europa ricca e povera.

Infatti, mentre l’Italia viene ripetutamente condannata per espulsioni di migranti irregolari, di contro giunge una sentenza a favore dell’espulsione di una famiglia cristiana (di origine siriana) operata dal Belgio (nel caso è stato negato lo status di rifugiato politico). E mentre queste sentenze spalancano la vie a una diversa politica d’accoglienza, l’Italia sforna un decreto di riforma delle politiche del lavoro: riconoscendo lo status di disoccupato anche a chi non ha mai lavorato. Due pericolosissimi precedenti che sommati potrebbero trasformare l’Italia nella favelas (o campo profughi) d’Europa. Visto che l’assegno di disoccupazione raggiungerebbe prima alcuni segmenti sociali e poi i veri poveri. E queste misure scattano mentre s’impenna l’indice di disagio sociale.

Infatti il “misery index” stilato dalla Confcommercio è in netto aumento, riportando l’Italia al trend di povertà che vedemmo nel periodo prima del 2015: la ripresa economica dell’Italia non c’è.

Il misery index della Confcommercio misura mensilmente il disagio sociale causato dalla disoccupazione estesa (ovvero si considerano i disoccupati, i cassintegrati e gli scoraggiati, o disoccupati atavici), tutto messo in correlazione con la variazione percentuale dei prezzi dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto: l’indice in questione a gennaio è salito a 20,3 punti dai 19,4 punti di dicembre 2016. L’Italia va peggio del previsto, mentre la politica chiude (come da uso varato in epoca Mario Monti) sia i cordoni della borsa per creare lavoro che quelli del credito per aiutare imprese e famiglie. L’adagio è chiaro: si ascolterà la gente dopo il congresso del Partito Democratico, soprattutto la gente dovrà rimanere in apnea sino a dopo le politiche del 2018.

Per dirla in soldoni, all’epoca della tanto vituperata Prima Repubblica s’aiutava la gente prima di congressi ed elezioni. Oggi, che è in voga lo “stringi-cinghia” sul modello tedesco, si lascia la gente senza soldi e lavoro aspettando il nuovo Governo. E le uniche risorse disponibili vengono impiegate per garantire l’accoglienza, soprattutto vengono gestite dai gruppi di potere deputati ad accogliere e ospitare. A questo va aggiunto che il Governo sta decidendo se spostare al 24 per cento l’Iva (e dall’Unione europea ci permetterebbero anche di sforare il 25 per cento). Secondo il Centro studi di Unimpresa, l’incremento si tradurrebbe in un costo aggiuntivo per le famiglie italiane pari a 414 euro. Un documento di lavoro della Commissione europea (la relazione è datata 22 febbraio 2017, ma è stata riportata dalla stampa solo qualche giorno dopo, intorno al 7 marzo) ha ipotizzato l’aumento dell’aliquota Iva (imposta sul valore aggiunto) per l’Italia a oltre il 24 per cento. Secondo le simulazioni della Commissione europea, un eventuale incremento dell’Iva genererebbe un aumento del reddito disponibile fino al 3 per cento per le fasce più basse, a patto che le risorse vengano destinate a un credito d’imposta per il lavoro dipendente.

Il documento della Commissione conclude che “uno spostamento ottimale del carico fiscale verso i consumi potrebbe ridurre ulteriormente l’onere fiscale sul lavoro e favorire la lotta contro la povertà e la disuguaglianza”. Ma un’analisi del Centro studi di Unimpresa (lo studio si basa sui dati del ministero dell’Economia e della Corte dei conti) ha quantificato in disastro l’impatto di un eventuale aumento dell’Iva dall’attuale 22 al 24 per cento.

Sorge davvero il dubbio che una parte della classe dirigente italiana parteggi per il nemico, ovvero bloccare economicamente il Paese per portarlo al fallimento presso un tribunale europeo. In questa logica, viene accolta dall’Esecutivo Gentiloni come una manna dal cielo ogni misura tesa a scongiurare ripresa e abbassamento delle tasse. Del resto Gentiloni ha garantito all’Unione europea che ogni migrante espulso dalla ricca Europa troverà ospitalità in Italia. Del resto l’Italia è calata demograficamente, chi la abita non è più concorrenziale sul lavoro, e qualcuno reputa giusto che i beni degli italiani vengano tutti usati per gestire le varie emergenze.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:46