Obiezione agli obiettori

I medici obiettori sembrano aver preso il servizio pubblico come un teatro dove mettere in mostra la propria coscienza. Chi glielo dice a questi signori che garantire un aborto non significa sostenerlo, e che lo Stato accetta solo che le donne esprimano la propria libertà di coscienza senza voler entrare nei suoi risultati? Così dovrebbe fare anche il medico che lo Stato rappresenta, il medico cioè dovrebbe sapere che un ospedale permette di abortire senza per questo incoraggiare una pratica simile, che però non deve neppure permettersi di scoraggiare, tenuto come è, ripeto, a lasciare a ognuno la libertà di scelta.

Cosa non hanno capito questi medici? Lo Stato deve permettere a ognuno di esprimere la propria libertà di coscienza. I medici lo fanno quando decidono di non abortire un figlio loro. Non lo fanno quando entrano nelle scelte altrui, le quali, nel caso di un aborto, purtroppo non possono avvenire senza un aiuto esterno di tipo tecnico, attenzione, non morale. Un medico è un tecnico, non un confessore, e se si aspetta che gli altri facciano come lui si comporterebbe nella loro stessa situazione, ebbene, non ha capito che la libertà di scelta non significa appoggiare una scelta da parte dello Stato, bensì mettere ogni decisione sullo stesso piano dal suo punto di vista, che evidentemente non è quello di chi tale decisione la prende.

Il medico che attua un aborto non ha deciso di appoggiarlo, ma semplicemente di permettere di fare una scelta che lui non condivide, ma che deve rispettare in nome di quel principio di libertà più alto secondo il quale non solo possono esistere diverse possibilità di scelta, ma pure coesistere in nome della pace sociale e del rispetto delle differenze individuali; il che significa culturali, religiose, caratteriali, intellettuali, eccetera.

I medici obiettori, per lo più cattolici in Italia, non vogliono capire un principio così banale? Benissimo: forse preferiscono che lo Stato, prima dell'assunzione, verifichi le loro remore morali, e decida che per ogni zona si prenda una quota di medici certamente non obiettori che, sotto pena di rescissione del contratto, si dicano disponibili a fare quanto la legge prescrive, ossia l'erogazione di un servizio garantito per legge. Questo significherebbe entrare nella privacy delle persone, certo, ma non è vero forse che un medico che si oppone all'aborto non fa altro che esporre la propria privacy più di quanto succederebbe tra le pagine di un contratto riservato?

Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:06