De Sapio: “Camorra  usata per farmi fuori”

Sabato scorso i telespettatori di Rai Tre hanno potuto conoscere la storia e il nome dell’ex brigadiere dei carabinieri, Gerardo De Sapio. Un valente investigatore anti camorra. Anche lui è una delle tante vittime della giustizia in Italia. Una “giustizia” che già negli anni Ottanta ha letteralmente ucciso Enzo Tortora. E che nell’attuale millennio continua a lasciarsi una scia di innocenti buttandoli in galera con accuse assurde. Provocando risarcimenti per ingiusta detenzione che sinora sono costati all’erario, calcolando esclusivamente gli ultimi 25 anni, quasi 700 milioni di euro.

“Io sono innocente” (ogni sabato sera alle 21 su Rai 3) ci fa conoscere due di questi casi a puntata. Conduce Alberto Matano e tra i consulenti ci sono anche Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone, i due giornalisti che da anni hanno raccontato ed elencato questi errori sul sito che, non a caso, si chiama errorigiudiziari.com.

De Sapio finì in galera l’8 marzo, festa della donna, del 2008. Si è fatto diciannove giorni di carcere militare a Santa Maria Capua Vetere, dove conobbe anche Bruno Contrada. E la sua vicenda è analoga, almeno su un punto, a quella dell’ex numero tre del Sisde: il presunto accanimento per far passare De Sapio, proprio come Contrada, come uno che faceva il doppio gioco con la criminalità organizzata.

De Sapio, come si è arrivati al suo arresto nel 2008?

In seguito all’interpretazione volutamente maliziosa di un colloquio in carcere tra un boss che io avevo fatto arrestare più volte e la sua compagna, colloquio che ovviamente era registrato.

Lei ne ha parlato sabato scorso in tivù. Il boss avrebbe detto alla compagna che un sodale lo aveva avvertito che “quello di Monteforte” aveva parlato di altri arresti in vista...

Esatto, sembrava una cosa concordata... la donna sa di essere registrata e fa quella domanda al compagno, quello risponde in maniera ambigua, facendo credere che una terza persona aveva fatto il nome di un carabiniere di Monteforte come autore della soffiata... e io ero nato in quella cittadina. Due più due...

Ma nessuno fece accertamenti su di lei prima di arrestarla?

Non solo non li fecero, ma al magistrato non trasmisero tutte le informative e le annotazioni che avevano portato a decine di arresti di camorra nell’avellinese di boss di clan rivali.

Tra cui quello in carcere che parlava con la compagna?

Esatto. Nel fascicolo del pm queste cose non vennero trasmesse e lui chiese l’arresto. Poi quando vennero recuperate dal mio avvocato e portate davanti al tribunale della libertà venni immediatamente scarcerato e al processo fui anche assolto, con il rito abbreviato.

Però intanto era uscito il suo nome su tutti i giornali e le televisioni locali come quello di una specie di talpa della mafia.

Proprio così e mi feci 19 giorni di carcere, alcuni dei quali al 41 bis. Poi quando venni assolto lo Stato mi ha dato 6mila euro, mentre io, che non reggevo alla pressione che un uomo delle forze dell’ordine con una simile accusa sulle spalle deve sopportare, oltretutto vivendo in realtà molto piccole come quella avellinese, preferii dimettermi dall’Arma, che era per me il faro della mia vita.

E oggi?

Dopo avere tentato invano di fare perseguire coloro che a mio avviso utilizzarono il boss contro di me e dopo essermi dimesso da carabiniere, mi sono rinchiuso in me stesso e oggi non ho più fiducia in nessuno.

E lo Stato?

Ho intentato una causa da 500mila euro allo Stato per il danno esistenziale, perché la mia vita è stata distrutta e anche se sono stato assolto vedo che la gente fatica a salutarmi per strada. Nei piccoli paesi e nelle piccole città è così. Io ancora, per chi ci vuole credere, sarei il complice della camorra.

Perché le accuse di essere una specie di talpa della camorra?

Io ero una memoria storica della lotta alla camorra, proprio come Contrada lo era della lotta alla mafia a Palermo. A qualcuno questa cosa non andava bene, non ero neanche un sottufficiale e i pm delle indagini sulla criminalità organizzata chiamavano me e non gli ufficiali dell’Arma. Qualcuno si deve essere sentito scavalcato, ma io facevo solo il mio dovere.

Se potesse tornare indietro rifarebbe tutto?

Io rifarei più o meno tutto, ma dopo essere finito in un carcere così duro come quello militare di Santa Maria Capua Vetere, ho capito che la gente nelle patrie galere non va trattata come invece viene trattata in Italia. Sto scrivendo un libro e vorrei donare i proventi proprio per migliorare le condizioni di vita di chi ancora sta recluso in quella fortezza.

Contrada lo ha conosciuto?

E come no, me lo dissero subito quando mi portarono lì che lui era una specie di ospite d’onore. Quando lesse le mie carte disse: questi sono pazzi, vedrai che esci subito.

Così è andata.

Sì, però intanto chi voleva mettermi fuori gioco dalle indagini sulla camorra aveva ottenuto il suo scopo. E lo Stato con me non ha avuto una parola di solidarietà. Per me la Benemerita sta un gradino al di sotto del Padreterno. Così ho preferito fare un passo indietro e dimettermi, piuttosto che trovarmi in una situazione imbarazzante.

In che senso?

Mi sarei trovato accerchiato da persone che non si fidavano più di me o che mi erano addirittura ostili.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:44