Emiliano: una spina nel fianco di Renzi

La “scissione degli scissionisti”, con la mossa a sorpresa di Michele Emiliano, che resta nel Partito Democratico per condurvi, a quanto sembra, una battaglia che prolunghi il tormento per Matteo Renzi, con ambizioni non nascoste di dare a essa un tono e un reclutamento meridionalista, non apre una fase nuova nella politica italiana. Piuttosto sembra il portato di una situazione, di un metodo, di una cultura che oramai hanno soppiantato quel tanto di “naturalezza” ancora presente e serpeggiante tra le vicende politiche.

Emiliano, non lo dimentichiamo, è un magistrato, che ha fatto “le prime armi”, guarda caso, proprio ad Agrigento, dove un partito dei magistrati “sommerso” ha fatto da battistrada a vicende, a volte grottesche e pirandelliane, poi diventate “normali” un po’ dovunque. Emiliano, che oramai ha una lunga esperienza politica in una Regione come la Puglia, anch’essa emblematica di un certo tortuoso e molliccio andazzo delle cose, ha capito che quando in Italia si parla di “spazio politico” non si deve pensare al “vuoto” di idee e di presenze di un certo stampo, di un certo indirizzo, ma piuttosto del fastidio, dei risentimenti, del malcontento che il “pieno” di una qualche politica inevitabilmente lascia dietro di sé.

Emiliano non ha voluto lasciare Renzi a godersi una rinnovata onnipotenza nel Pd provocata dalle sue sciagurate iniziative. A godersi la mancanza di una forza politica nel Paese che si possa attribuire il successo del “No” al referendum. E a “scaricare” ogni futura, ulteriore sciagura sugli “scissionisti”. Sarà Emiliano a rinfacciare ogni giorno a Renzi la colpa della scissione di cui lui, Emiliano, è stato uno degli artefici. E sarà Emiliano, è questo che egli spera di ottenere, a dare corpo e significato alla valanga dei “No” nel Mezzogiorno. Tramontato il “Partito della Nazione”, l’ex magistrato spera di potersi mettere a capo di un “Partito delle Regioni” diseredate.

Detto tutto ciò, non sarebbe necessario aggiungere che se pare manchi una forza politica capace di interpretare e aggiudicarsi il significato della vittoria del “No”, se è stata persa un’altra occasione per una rinascita dei valori di libertà e di democrazia, di un “ritorno” alla semplicità grande e possente della ragione, non mancherà lo sciacallaggio, il piccolo cabotaggio. Qualcuno ha scritto nei giorni scorsi che a volere a tutti i costi una scissione nel Pd era Renzi. Proposizione assai attendibile. Credo che non gli sia andata per il verso desiderato. Renzi ha cavalcato il partito dello sciacallaggio sul cadavere della Prima e della Seconda Repubblica. Oggi sembra che debba vedersela con un sostanziale sciacallaggio nel suo progettato partito “plebiscitario” della Nazione. Morto prima di nascere. Chi di spada ferisce...

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:47