Viaggio tra le ferite di Amatrice

La strada che abbiamo percorso in macchina per raggiungere Amatrice costeggia quel che resta (davvero poco) di una serie di frazioni i cui abitanti si sono organizzati come possibile.

Un uomo, seduto su una sedia, dal ciglio della via, sembra essere lì a controllare le macerie di ciò che, prima di quel maledetto 24 agosto del 2016, era la sua vita: una casa, una stalla, un orto con un piccolo ripostiglio per gli attrezzi. Tutto spazzato via dal “mostro” che, implacabile, ha deciso di scatenarsi senza tregua su questa porzione dell’Italia Centrale. Intorno, devastazione e nient’altro.

Il giorno prima di salire ad Amatrice, presso la Direzione di comando e controllo (Dicomac) della Protezione civile di Rieti, ci hanno informato che erano state rimosse quasi 30mila tonnellate di macerie: una quantità imponente ma che, di fronte allo status quo, sembrano essere una bottiglia d’acqua tolta dal mare. E il lavoro delle ruspe continua incessante con i camion che, oltre a quelle macerie, trasportano via i ricordi di una vita.

Lui, “il mostro”, si è scatenato contro tutti e tutto, senza pietà, compreso i cimiteri sparsi per il territorio del comune: “Centinaia di feretri - ha dichiarato alla stampa locale il battagliero primo cittadino amatriciano, Sergio Pirozzi - sono attualmente in strutture pericolanti e decine sono esposti all’aperto”.

Tutto trasformato in cumuli di macerie, immagini che lascerebbero senza fiato chiunque, la quotidianità di uno dei comuni più belli d’Italia cancellata in un attimo: sembra quasi che quella gente avesse dovuto pagare un prezzo per qualcosa che, però, nessuno ha ancora compreso cosa essere. Quella di Amatrice è una situazione della quale non ci si può rendere conto realmente se non “toccandola con mano”: le riprese televisive non bastano, la cruda realtà è drammatica, al di là di ogni possibile immaginazione.

Entrare nel centro storico è oggi possibile solo se accompagnati dai Vigili del fuoco e con un caschetto in testa (è accaduto anche a chi scrive e al fotografo Bruno Zarzaca): il resto lo fanno ciò che vedi, il cuore, i ricordi del passato. Ma, nonostante la distruzione tutto intorno, la gente di Amatrice è ostinata, testarda, forte, e non ha alcuna intenzione di mollare: a partire dal “Ponte della Rinascita”, ricostruito dopo il sisma ed elemento essenziale per i collegamenti con il comune e dal quale (come scritto nella targa che riporta le parole di Pirozzi) si vuol fare iniziare una nuova vita. O il bar, ai margini della “zona rossa” e che, non a caso, si chiama “Bar Rinascimento”.

(*) Foto di Bruno Zarzaca

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:44