Stabilizzati i precari dell’Istituto di Sanità

Festa grande nell’aula Pocchiari dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), perché l’emendamento per la stabilizzazione dei precari è finalmente stato approvato al Senato. Cinquecentotrenta ricercatori, che hanno vissuto come dei fantasmi per tanti anni, occupavano l’aula dal 21 novembre scorso, dormendo lì a turno, non fermando l’attività di ricerca e di controllo. Loro svolgono una funzione fondamentale per la comunità: i controlli sui vaccini, sui farmaci e sui cosmetici, oltre alla ricerca di base. Il più grande ente di ricerca sanitaria del Paese. L’Istituto ha cominciato ad assumere questo personale con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), una forma contrattuale di lavoro parasubordinato, introdotta dal pacchetto Treu nel 1997, piuttosto debole. Dopo molte lotte in ambito di assunzioni, alcuni sono riusciti ad ottenere la conversione graduale che, non essendo mai finita, ha provocato nei ricercatori dell’Istituto un bisogno di chiarezza immediato. Così, coinvolgendo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che si è impegnato a stanziare in sede di Legge di bilancio le risorse necessarie alla stabilizzazione dei precari dell’Iss, oggi sono state integrate duecentotrenta persone, mentre le rimanenti in due anni saranno regolarizzate. La spesa attuale per assumere il precariato storico dell’Iss è intorno ai 30 milioni di euro. Molti di questi ricercatori lavorano nell’Istituto da trent’anni, ma andranno in pensione con la metà degli anni. Mentre lo Stato combatte il “nero”, qui c’è stata tolleranza.

Quasi tutti quelli che hanno occupato sono entrati nell’Iss tra il 2002 e il 2006, ma ce ne sono di molto più anziani, basti pensare che uno di loro era in questa situazione da ventotto anni. Questo problema ha provocato il blocco delle assunzioni. L’Istituto ha accantonato, per i pensionamenti di questi ultimi anni, all’incirca 14 milioni, che sono stati resi disponibili per assumere, però questa somma copriva la metà del necessario e quindi serviva un intervento suppletivo da parte del ministero. Da tener conto anche dei tagli che ha subìto l’Istituto, intorno ai 24 milioni di euro negli ultimi otto anni. I vari governi con la spending review hanno inciso molto in tutti gli enti di ricerca. Col nuovo emendamento la Lorenzin e il Mef (ministero dell’Economia e delle Finanze) hanno recuperato i fondi necessari. Guardando gli emendamenti del “Milleproroghe” ci si accorge che l’emendamento dei ricercatori dell’Iss è firmato in modo bipartisan, da tutti i componenti della Commissione salute, con iniziativa del senatore Emilia Grazia De Biasi, ma tutti i componenti e tutti i gruppi hanno firmato; il centrodestra ha firmato per primo, poi i Cinque Stelle. La capacità dell’Istituto di essere utile al Paese e il grado di consapevolezza della situazione divenuta particolare ha ottenuto il riconoscimento di tutta la rappresentanza politica.

Con le lotte di questi anni sono riusciti ad ottenere la continuità e non gli stacchi fra un contratto e un altro. Però succede che se il contratto scade il 31 dicembre ci può essere un altro contratto che parte il 2 gennaio. L’Istituto, nel frattempo, è diventato vecchio. Quest’anno i pensionamenti ammontano a 4 milioni. Nel 2018 si dovrebbe essere in grado di fare cento assunzioni per risolvere il problema.

Ne parliamo con il dottor Claudio Argentini, biologo dell’Iss e promotore dell’occupazione, affinché ci spieghi meglio la situazione.

Ci sono circa trecentocinquanta persone che hanno denunciato l’Istituto per danni, per la reiterazione dei contratti.

Se lavori da vent’anni e ti cambiano il contratto nel 2017, cambia qualcosa a livello pensionistico. Ci sono persone che hanno dieci anni di contratto a tempo indeterminato. Hanno denunciato alla Comunità europea per infrazione, la reiterazione di contratto. I precari sono disponibili a chiudere i contenziosi in cambio delle assunzioni, rinunciare al danno subito come previsto dalla Comunità europea.

La presidenza dell’Istituto ha sostenuto questa mobilitazione?

Il presidente Walter Ricciardi è stato anche commissario. All’inizio il rapporto non è stato semplice, lui veniva dall’Università Cattolica e ha pensato che questo fosse un precarificio, che le persone fossero arrivate qui con raccomandazioni. In realtà qui la raccomandazione è solo quella scientifica, sono i professori universitari che inviano dalla scuola. L’atteggiamento del nuovo presidente è stato comunque guardingo, all’inizio stava pensando di fare alcuni licenziamenti, cosa che qui non era mai avvenuta, poi durante le riunioni ha capito che la situazione era diversa. Durante una riunione dell’organismo notificato, che controlla tutta la parte della sicurezza dei cosmetici, ha chiesto quanti dei presenti fossero precari e hanno alzato la mano più della metà, che in tutti questi anni hanno costruito una professionalità. Andando avanti, quelli che hanno vinto progetti di alto livello si ritrovavano un capofila precario, così il presidente ha sviluppato la certezza che la gente non stava qui tanto per starci. Anche a livello amministrativo, abbiamo dei precari che sono bravissimi a fare i progetti europei, e ci sono tecnici che fanno gli amministrativi, fanno gli ordini dei prodotti da usare in laboratorio, quindi pur essendosi adattati portano la loro competenza. Spendiamo pure meno di quanto si spende negli ospedali e negli altri enti di ricerca, perché queste persone sanno dove cercare il prodotto, contrattano sul prezzo. Comprare un enzima per fare un esperimento non è come comprare scrivanie. Così la presidenza ha capito che era un vantaggio dell’ente stabilizzare questo personale. All’inizio della mobilitazione non era contentissimo, ma noi avevamo bisogno di visibilità.

Cosa cambia economicamente quando si viene stabilizzati?

Niente, perché le condizioni di tempo indeterminato sono identiche, cambia la condizione di stabilità. L’assillo della scadenza del contratto. Quando si viene riassunti si può cambiare laboratorio, perché diminuiscono o vengono meno certi finanziamenti in quel settore, il personale si sposta. Questo è un bene perché provoca una continua formazione, il che è positivo, ma non avviene in un contesto programmato. I finanziamenti di tipo statale permettono all’ente di rispondere per esempio per la meningite, per fare i dovuti controlli. Per il cittadino è un investimento perché ha la possibilità di ricevere un servizio fondamentale.

I cittadini sono sensibili ai problemi legati alla Sanità.

Una delle nostre caratteristiche è che il parere scientifico non è condizionato politicamente, le pubblicazioni prima devono essere approvate da enti dell’estero. Il fatto che ci sia un ente terzo che non ha interesse diretto nella vicenda e che possa esprimere un parere scientifico che può essere pure parzialmente sbagliato, però è un parere che mette in discussione e valuta, credo sia un vantaggio per il cittadino e una garanzia di sicurezza. Ma la terzietà si ottiene con l’indipendenza economica, nel momento in cui partecipo poco ai bandi fatti dall’impresa farmaceutica, ma mi sostengo con i finanziamenti pubblici o con lo stanziamento pubblico, la terzietà è reale, sono indipendente e capace di dire la realtà dei fatti per le conoscenze e il coordinamento dei soggetti coinvolti. Adesso lo siamo nelle linee guida delle terapie, non possiamo avere tutte le conoscenze, ma siamo in grado di coordinare, fare sintesi e produrre le indicazioni di terapia che sono utili al cittadino, che se va a curarsi a Como o a Canicattì trova un modo unico per essere curato, una linea terapeutica condivisa. Nonostante i problemi economici che sono sotto gli occhi di tutti.

Il confronto con l’estero come funziona?

Le linee guida della terapia per l’Hiv dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sono state elaborate da studiosi del nostro Istituto. Ci sono moltissimi centri che riguardano le malattie epidemiche, come morbillo e influenza che hanno il centro di referenza italiano nell’Istituto. Tutta la parte regolatoria sui farmaci, i derivati dal sangue, vengono gestiti da alcuni centri che hanno i loro rappresentanti anche in Europa. C’è una stretta relazione con queste realtà. Poi il punto di vista scientifico lo danno le pubblicazioni. Noi abbiamo una produzione in aumento anche grazie alla stabilizzazione di alcuni posti di lavoro; dal 2007 ad oggi con questo personale precario la produttività dell’Istituto è aumentata del 25 per cento. I fondi scientifici della Comunità europea sono tutti correlati alla capacità di relazione, vengono dati se hai altri collaboratori dispersi nel Continente. Noi ne abbiamo tantissimi. Abbiamo recentemente presentato alle agenzie di stampa il progetto sponsorizzato dalla Comunità europea sui livelli dei servizi sanitari nazionali in cui il coordinamento è in Istituto ed è stato fatto con tutti i centri di ricerca sul sistema sanitario, nazionali e internazionali.

Finalmente sono arrivati i vaccini gratuiti.

Il tema della vaccinazione è trattato moltissimo sul web ma è poco discusso. O discusso male. Il problema maggiore deriva dal fatto che è prodotto industrialmente e quindi c’è un interesse economico, però io sono un biologo e questo è il mio campo, se si guarda l’impatto che ha avuto il vaccino della poliomielite, specie nei ceti sociali medio-bassi, ce lo ricordiamo poco, però i nostri padri ricordano gli invalidi da poliomielite e la situazione era devastante e questo succedeva in quelle famiglie meno abbienti dove l’igiene era inferiore o non c’erano capacità di mantenere una nutrizione efficace dal punto di vista della protezione. L’altro vaccino che ha cambiato le cose è quello del vaiolo: l’arrivo in America degli europei ha provocato lo sterminio dei nativi americani, specie a causa di queste malattie che sono state sconfitte dalla protezione vaccinale. Il morbillo è una malattia mediamente grave. Come la meningite ci sono i morti per il morbillo, la vaccinazione la impedisce. Se si parte con l’approccio economico è chiaro che ci sia una diffidenza, ma credo che se oggi le case farmaceutiche investono lo fanno sulle malattie croniche non sui vaccini, perché avere un paziente che prende per trent’anni un farmaco è un vantaggio. Fino a pochi anni fa l’epatite C non era curabile e la reiterazione delle cure costose era un vantaggio per le case farmaceutiche. Curare la malattia è una bella cosa, ma non sempre l’investimento del privato conviene. I vaccini non sono così interessanti, infatti se ne sviluppano pochissimi. Per l’ebola c’è stato lo sviluppo del vaccino. Ma finché l’ebola è rimasto localizzato in piccole zone dell’Africa nessuno lo produceva perché non c’era interesse commerciale. Eppure è diventato d’interesse sanitario quando l’epidemia stava diventando incontrollabile. La discussione è gestita male, ma i vaccini sono fondamentali nell’evoluzione dell’uomo, perché controllano le malattie.

Il mondo è cambiato completamente, non è più il tempo del lavoro fisso. È subentrato un problema psicologico? Tanti si ammalano per questo, vanno in depressione. Molti giovani che non vengono assunti, per esempio.

Questo è il problema che conduce tutto: i blocchi periodici di assunzioni. Nel 2011 abbiamo assunto la generazione precaria precedente, però oggi l’Istituto sarebbe in condizione di fare assunzioni ex novo, perché chiudendo la storia del precariato nel 2018 noi saremmo in grado di riaprire le porte nel 2019.

Quante persone lavorano all’Istituto Superiore di Sanità?

In tutto millecinquecento a tempo indeterminato e cinquecentotrenta a tempo determinato. Se noi nel 2017 cominciassimo a fare formazione e borse di studio e quantizzassimo le assunzioni per il 2019, senza assicurare che la formazione porta subito al tempo indeterminato, perché c’è una fase di verifica individuale dell’Istituto, visti i pensionamenti, noi saremmo in grado di bandire almeno cento posti a tempo indeterminato totalmente nuovi, di professionalità non presenti, o sostituire i pensionamenti nelle strutture che hanno bisogno, per cui la chiusura del precariato potrebbe essere una ripartenza dell’accesso esterno. Poi le nuove generazioni portano pure un impatto positivo. Dal 2007 ad oggi è aumentata la produzione scientifica. Molti hanno studiato all’estero, e rientrano speranzosi, l’Istituto sarebbe l’unico ente in grado di ripartire in modo oggettivamente virtuoso, tenendo conto che i giovani che entrano hanno trentasei/trentasette anni e dieci anni fa erano appena laureati. Molti vengono presi direttamente dall’università, quindi la selezione è dovuta alla raccomandazione delle scuole. I precari vengono inviati anche all’estero, l’Istituto ha avuto la lungimiranza di permettere al personale di acquisire competenze fuori, com’è successo a me vent’anni fa da precario per costruire una professionalità che può essere spesa qui o fuori. Certe volte ci si presta vicendevolmente i progetti, chiedendo di partecipare, perché nel proprio ambito sono finiti i soldi. L’esigenza di stabilizzazione è molto più presente di quello che dicono le leggi del mercato del lavoro. Andrebbe fatto un ragionamento politico ex novo su questo. C’è l’imprenditore che tende ad abbassare il costo del lavoro, ci sono i voucher, ma ci sono imprenditori intelligenti, privati o pubblici, che tendono a tenere le persone che hanno formato.

Quanto guadagna un ricercatore italiano rispetto ad uno tedesco?

All’inizio l’italiano guadagna 1.600 euro, dopo una lunga gavetta. Io dopo quattordici anni, con il precariato alle spalle sto sui 2.200 euro. In Germania un mio corrispettivo, con le mie caratteristiche e il mio curriculum, guadagna 8mila euro al mese. Negli anni Novanta mi offrirono un contratto in Australia dopo essere stato in Inghilterra e mi offrirono 35mila dollari, quindi circa il doppio dell’entrata qui. Quando si parla di fuga dei cervelli si deve mettere nel conto questa cosa. Resistere in Italia ha un merito non da poco, perché le condizioni, anche per la modalità del lavoro, sono inferiori rispetto all’estero e gli stipendi sono correlati a questo. Un ricercatore in Svizzera appena entrato prende quasi 4mila euro. Questo condiziona tutte le scelte di vita: restare o andare? Psicologicamente, come diceva lei, il precariato è compromettente, tenga conto che prendere un mutuo da precario è un’assurdità. Viene richiesto un certificato dell’ente che assicura la continuità del lavoro, ma l’ente non può dare una continuità che non c’è e allora si chiede al genitore o al fratello, che se possono firmano a garanzia sulla loro disponibilità economica. Io sono stato fortunato perché sono entrato con i concorsi degli anni duemila, ma un mio collega che ha due anni meno di me è rimasto fuori. È chiaro che l’Istituto, come tutta la ricerca, non può essere legato alla fortuna di nascere un anno prima o un anno dopo.

@vanessaseffer

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:43