Il Partito dei Magistrati ora è entrato in crisi

Ci sono molti sintomi che fanno ritenere che l’ultima delle possibilità che un paio di anni fa si sarebbe data come prossima a verificarsi stia invece maturando e, anzi, che già sia un dato acquisito. È in crisi anche il Partito dei Magistrati? Non mi sentirei di escluderlo.

Non sono i rapporti oramai non più idilliaci con il Governo del Partito Democratico e con il ministro della Giustizia, la cui sola presenza a via Arenula avrebbe dovuto essere una “garanzia” di mancanza di ogni velleità di far sentire la voce della “politica” nelle cose della Giustizia. Non sono le esortazioni del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ai magistrati da venire a non seguire le orme di quelli in carica.

Dall’esterno il Partito dei Magistrati non sembra aver nulla da tenere, nessun serio ostacolo pare debba affrontare e superare. Sono piuttosto del tutto “interni” i segnali di crisi. Il successo rappresentato dalla vittoria su Silvio Berlusconi, l’aver sbaragliato il centrodestra e Forza Italia, non hanno assicurato tranquillità alle toghe padrone del campo. Sembra, al contrario, che certe contrapposizioni interne si siano acuite. La “scheggia impazzita” palermitana va per una strada indiscutibilmente eversiva ed anarcoide. Pare che altrove si contrappongano quelli che si preoccupano di non creare “difficoltà” al Governo e al “Partito della Nazione”, e quelli che invece intendono tenerli “sotto pressione”.

La vicenda della “diserzione” dalla cerimonia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Cassazione, motivata dallo (in verità) strano decreto legge sulla durata in carriera di magistrati dei vertici proprio di quella Corte, sembra il ritorno alle contrapposizioni degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Ci dev’essere, però, dell’altro. Ma anche questo non rivelarlo non è cosa che si confà all’arroganza venuta di moda e quasi d’obbligo.

D’altra parte anche le modeste e distratte menti di quelli del Pd ogni tanto devono pure veder balenare qualche lampo di verità del fatto che la magistratura ha distrutto la Prima Repubblica e sta facendo di tutto per liquidare la Seconda. Ci sono, poi, situazioni paradossali che vengono a galla. I primi esperimenti dell’esercizio del potere locale da parte dei Cinque Stelle mette questi veri e propri ultras della tifoseria delle Procure e delle manette in un difficile confronto con le concezioni di “legalità” e di “universalità dell’azione penale” divenuta dogma della fede grillina nello “Stato della giurisdizione”. L’adattamento del reato di abuso d’ufficio al pensiero dei Pm e giudici manettari sembra fatto apposta per far naufragare il noviziato delle amministrazioni di questi “democratici del computer”, di teorici dei “codici deontologici” e dei contratti di “appartenenza” politica in carta da bollo.

In altre parole: se i rapporti con le Procure sono una grossa questione per i grillini, questi sono un difficile problema per la strategia del Partito dei Magistrati. Intanto la magistratura “gode” i poteri, le impunità e le insofferenze di ogni critica che si è conquistata e quelli che le sono stati più o meno coscientemente attribuiti. Sperare nelle crisi e nei guai degli altri non è certo il meglio. Ma non è un gran male che nel partito della prevaricazione, quale è necessariamente il “Pdm”, le cose non vadano per il loro verso. Che è comunque un gran brutto verso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:43