Il Pd dei danzatori sul Titanic

A difendere l’Euro ci ha pensato Mario Draghi. Nel corso di un’audizione parlamentare a Bruxelles il presidente della Banca centrale europea ha ribadito che “L’Euro è irreversibile. Il mercato unico europeo non sopravviverà davanti a svalutazioni competitive”.

Parole forti che avrebbero dovuto scatenare un terremoto di reazioni favorevoli e contrarie. Invece, si avverte in giro un silenzio assordante, in particolare da parte di quei leader e dirigenti politici italiani che avrebbero dovuto difendere a spada tratta la posizione “iper-europeista” del banchiere centrale. Che Matteo Salvini attaccasse frontalmente Draghi ci sta: il capo leghista mantiene la sua linea di condotta a maggior ragione oggi che il vento del sovranismo degli Stati nazionali spira più forte che mai. Ma il Partito Democratico, finora appiattito sulle posizioni più intransigenti del fronte nordico dell’Unione, dov’è? Cosa pensa? Sul tema, la posizione dell’armata renziana in rotta dopo la Waterloo referendaria è “non pervenuta”. Come la temperatura di Bolzano. C’è una spiegazione plausibile a questo evidente stato confusionale: il vuoto di iniziativa politica che affligge da tempo la sinistra europea nel suo complesso e quella italiana in particolare. Quando a Bruxelles si è chinato il capo per seguire gli ordini impartiti da Berlino sulle strategie di austerity e di sbarramento alle politiche espansive di crescita economica, la sinistra non ha battuto ciglio. E non lo ha fatto neppure quando sono emersi i danni di quelle scelte insensate: aumento del tasso di disoccupazione, esplosione del debito pubblico, caduta del Pil, deflazione, stagnazione dei consumi, allargamento della fascia di povertà a pezzi significativi dei ceti medi tradizionali.

Pur di non guardare in faccia la realtà, “i compagni” di un Pd poco di lotta e molto di governo si sono rifugiati in una realtà parallela assolutamente bugiarda ma spacciata per vera attraverso l’aberrante modalità narrativa dello storytelling renziano. Tutto pur di non dire che l’Europa della moneta unica non ha funzionato. Era facile prendersela con i populisti, accusarli di ogni peccato come se fossero stati loro la causa e non il sintomo del male che sta corrodendo le fondamenta dell’Unione. Ora, però, che la Storia presenta il conto bisogna pur assumersi la responsabilità di una scelta di campo inequivoca. Si sta con Draghi che difende la moneta unica definendola irrevocabile o si aspetta che Marine Le Pen prenda possesso dell’Eliseo per dichiararla un’esperienza finita? Si può essere paladini di quel sistema che, stando alle parole del governatore centrale, avrebbe contribuito in modo cruciale “agli attuali sviluppi positivi dell’economia”. Si può invece andar dietro al ministro dell’economia tedesca, Wolfgang Schaüble, che denuncia: “Quando il presidente della Bce ha deciso di iniziare una politica monetaria espansiva, gli dissi che avrebbe provocato un aumento dell'export tedesco... Ciò detto, non voglio neppure essere criticato per le conseguenze della sua politica”.

Si può essere bianchi o neri, si può essere falchi o fringuelli ma non si può giocare a fare gli gnorri, gli ondivaghi, gli europeisti à la carte, secondo convenienza. Oggi la sinistra tace e preferisce ricorrere all’arma di distrazione di massa delle intemerate del sempreverde Massimo D’Alema pur di nascondere una totale inadeguatezza a prendere posizione sul destino europeo del Paese. In tempi di acque chete la cosa potrebbe anche non essere decisiva, ma dopo l’“apertura” della signora Merkel ad un’Europa spezzatino non si può fingere che nulla stia accadendo. Di regola non è bello mettere becco in casa altrui, ma questa volta potrebbe essere necessario: c’è una minoranza “dem” che pur non avendo combinato granché nella vita oggi meritoriamente chiede a Matteo Renzi la celebrazione di un Congresso straordinario prima della tornata elettorale. Volesse il cielo che si tenesse uno schietto confronto di idee: sarebbe la volta buona per capire dove la sinistra vuole portare un’Italia che, stando ai sondaggi, ha sempre più in odio i burocrati di Bruxelles ma teme il salto nel buio dell’uscita dall’Euro. E aiuterebbe gli italiani a scegliere chi non votare la prossima volta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:47