Europa sì o no? Purché non sia un alibi

All’improvviso, per contraccolpo (si direbbe) alla presa netta di posizione di Marine Le Pen in Francia in favore dell’abbandono dell’Euro e dall’Unione, la questione dell’uscita dell’Italia dall’Euro e dall’Europa è sembrata diventare una cosa seria. Anzi, una riscoperta della serietà degli argomenti della politica. Che Europa sì o Europa no sia questione sulla quale valga la pena discutere, combattersi e sfidarsi, non ne dubito. Che sia una cosa seria è pure, o dovrebbe essere, fuori discussione.

Ci sono due cose che, però, mi sembra doveroso premettere. La prima è che l’Italia ha una difficoltà in più ad affrontare la questione, non perché si sia tagliata i ponti alle spalle più degli altri. Non c’è nessuno in Italia, e non c’è soprattutto tra quelli che più disinvoltamente parlano di uscita dall’Europa e dall’Unione che si possa anche solo immaginare alla guida del Paese nell’affrontare i problemi di una così grave svolta.

Immaginare Matteo Salvini, oppure Beppe Grillo o Luigi Di Maio alle prese con una situazione del genere senza mettersi a ridere è difficile. Ma anche gli altri mi dà i brividi pensarli in tale ruolo. Per uscire dall’Europa occorrerebbe una classe politica di un livello da noi da tempo inesistente.

La seconda cosa è che anche i vari Salvini credo non ignorino tutto ciò e che, quindi, continuino a parlare a vanvera, senza preoccuparsi minimamente delle implicazioni di enorme portata che dovrebbero affrontare se ottenessero quanto vanno predicando. C’è una terza questione che temo sia conseguenza di queste due: parlare di questo (come ne parlano quelli pure che invece si dicono contrari all’exit) che parlino di uscita dall’Euro e dall’Unione per non parlare d’altro che pure incombe. Il guaio è che, se non abbiamo uomini politici cui si possa anche solo pensare di dover affidare il compito di affrontare un terremoto quale quello di un eventuale “Italexit”, non abbiamo nemmeno una classe politica capace di vedersela con i problemi di una rinegoziazione o solo di una profonda ristrutturazione dell’Unione europea, senza le quali non si supera la crisi.

Occorrerebbe, poi, ristrutturare tutto il sistema politico italiano: dividersi, magari, tra fautori dell’Europa Stato o di un’Europa Alleanza. E di un’Europa a 27 Stati o a dimensioni più piccole e più compatte. Sarebbero partiti più “concreti” di quelli attuali (che addirittura non ci sono) e di quelli che vorrebbero far finta di esserci. Questo discorso vi apparirà un po’ sconclusionato. Può darsi, provate a sistemarlo meglio. Ma è di questo che, bene o male, dovremo renderci conto.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:44