Le perfide gazzarre

giovedì 2 febbraio 2017


Quella delle gazzarre perfide e ipocrite è una tecnica che il parterre de rois del mondo cattocomunista ha sempre usato bene. Bisogna infatti riconoscere che ci sanno fare e per farlo negli anni si sono attrezzati alla grande, molto meglio dei liberaldemocratici, conservatori o riformisti di centrodestra che sia. Da sempre hanno occupato e pervaso l’informazione, l’Università, il mondo dello spettacolo, oltre che pezzi importanti dei poteri pubblici e privati. Come se non bastasse, specialmente in Italia hanno potuto contare sulla sponda autorevole, suggestiva e interessata della Chiesa e del cattolicesimo opportunista. Del resto, tranne che su alcuni temi, c’è sempre stato un filo di comune e reciproco interesse fra il popolo clericale e quello radical chic.

Ma la cosa più importante è stata, come dicevamo, quella di aver saputo intuire quanto contasse permeare autorevolmente i gangli della società e degli apparati del sistema Paese. Magistratura, scuola, informazione, dirigenze strategiche e vicinanze con parti importanti del capitalismo familiare, sono sempre stati terreni fertili per i radical chic e i cattocomunisti. Perché sia chiaro una volta per tutte, la grande finanza e la grande impresa in Italia sono sempre state radical chic. Per questo motivo Silvio Berlusconi non è stato mai amato e accettato da un certo mondo, ed essere riuscito a mettere insieme un polo antagonista liberale di centrodestra gli è costato “l’odio perenne”. Tanto lo hanno odiato e odiano ancora per certi versi, da spingerlo a commettere errori così fatali da disgregare il sistema antagonista che era riuscito a aggregare. Che poi “Silvio” ci abbia messo tanto e troppo del suo è altrettanto vero; ha scelto alcuni consiglieri sbagliati, ha dato retta a vanvera, è stato in parte vittima del suo essere imprenditore di successo.

Comunque sia, nessuno può far finta di dimenticare cosa accadde in Italia, in Europa e nel mondo, all’indomani della vittoria elettorale di Berlusconi. Giornali, televisioni, piazze e tribune di ogni tipo ad additarlo di tutto: fascista, mafioso, pericoloso, imbroglione e populista. Contro di lui i radical chic scatenarono proteste, girotondi, manifestazioni, pur di ottenere quello che con il voto democratico non avevano ottenuto: sconfiggerlo e mandarlo a casa. Al resto ci pensò la magistratura e così fu, tanto è vero che tra processi, ribaltoni e tradimenti ci riuscirono. Eppure il popolo, la gente, gli elettori fino al 2008 lo hanno democraticamente riportato in sella, sino a che nel 2011 con una sorta di blitz internazionale studiato ad hoc, lo spread, fu “obbligato” a cedere il passo a Mario Monti.

Bene, anzi male, con Donald Trump e con tutti i dovuti distinguo, i radical chic mondiali stanno facendo esattamente lo stesso. Quello che la democrazia non gli ha consegnato con il voto, vogliono prenderselo per forza, con la gazzarra, la protesta, le accuse, le manifestazioni e gli slogan. Eppure pochi mesi fa potevano votare Hillary, avrebbero potuto con le elezioni dare la vittoria a “Donna Clinton” e la partita si sarebbe chiusa, dove stavano? Dove stava questo oceano di oppositori? Questa marea di “clintomani”? Questa valanga di tutori della democrazia? Forse che Trump abbia vinto con la forza? Abbia sovvertito le regole del diritto elettorale? Abbia fatto un push? No, cari amici, è arrivato a vincere dopo una lunga, difficile e democratica corsa elettorale, superando nella piena legalità ostacoli e concorrenti. E adesso che ha vinto lo attaccano selvaggiamente con ogni insolenza, quasi avesse fatto un colpo di Stato. Ipocriti, falsi e rancorosi.

La verità è che sono loro ad attaccare e minare la democrazia, perché la ritengono una proprietà esclusiva come se ne avessero depositato il brevetto. Ritengono pericoloso a prescindere tutto ciò che democraticamente gli sfugge e non accettano il verdetto e la sovranità popolare, perché la sovranità è “roba loro”. In Europa parlano di tirannia, dispotismo, uomo forte, come se la cancelliera Angela Merkel fosse un’educanda e Jean-Claude Juncker un chierichetto. Come se in Europa dall’Euro in poi non ci fosse stata tirannia economica e sociale; come se con la moneta unica fosse sbocciato il fiore della generosità, dell’altruismo, della fratellanza e della solidarietà. Basterebbe portare l’esempio della Grecia per capire l’Euro, l’Europa e chi la comanda.

In Europa è stato l’Euro a portare ed esaltare l’egoismo, l’opportunismo, il menefreghismo, i muri e le barriere di “No” verso i più deboli. A partire dalla Germania che ha sottomesso tutti, è stato un valzer di obblighi, diktat, censure, imposizioni. Alla faccia della democrazia, della libertà e della solidarietà radical chic. Per questo noi guardiamo con rispetto a Trump, salvo giudicarlo dopo, con rispetto al voto di decine di milioni di americani, con rispetto al risultato della democrazia e della libertà di scelta. La stessa ragione per la quale invece abbiamo guardato e guardiamo con sospetto al comportamento dell’Europa e dell’Italia radical chic e cattocomunista di allora e di ora.


di Elide Rossi e Alfredo Mosca