Echi sinistri

giovedì 2 febbraio 2017


Conoscete l’Eco “dispettoso”? No, non mi riferisco allo scomparso autore de “In nome della Rosa”. Ma a quel fenomeno naturale che rimanda circolarmente le voci. Solo che quello dispettoso, se dici “Sì”, ti risponde con venti milioni di “No!”. E secondo voi, l’urlatore di turno (un nome a caso: Matteo Renzi) ha imparato la lezione? Se non fosse stato sordo (politicamente) si sarebbe ritirato a vita privata, godendosi il clima umido di Firenze. E invece, lui, il coccodrillo, cosa fa? Piange sulla perdita del posto a Palazzo Chigi (dove ha collocato un suo Re Travicello), ma se la ride dalla sua posizione di brigante borbonico, padrone assoluto nel suo feudo di via del Nazareno. Sicché, suona le trombe del giudizio per i futuri trombati, ma poi si mette d’accordo con il diavolo per chiudere questa triste legislatura. Veramente, prima di lui, a sbattere la porta ci ha pensato la Corte costituzionale, espropriando con le sue sentenze una politica imbelle. Facendo, però, due cose assolutamente inspiegabili. Primo: ha mantenuto un premio molto importante di maggioranza (con soglia elevata, questo è vero, in regime proporzionale) senza però fissare come contraltare un vero sbarramento di contenuti e di principio sulla quota del voto valido.

Mi spiego: con l’aria che tira, potrebbe essere una ristretta minoranza ad andare a votare. Mettiamo per assurdo che si arrivi soltanto al 30 per cento del voto valido, evento non così utopico a voler sondare l’umore nero degli italiani verso la politica. Dopo di che, visto che almeno un 40 per cento di pasdaran del Partito Democratico li si trova tranquillamente in giro, questi saranno destinati a governare indisturbati il Paese, già in procinto di annegare proprio a causa delle loro politiche dissennate del passato. Vedi immigrazione, Trattati europei, cambio Lira-Euro. Fatti quattro conti della massaia, il 30 per cento di 40 milioni di aventi diritto fa 12 milioni e il 40 per cento di questi ultimi fa circa cinque milioni. Una passeggiata arrivare a queste cifre per l’ultimo pseudo-monolite sinistro del dopo Guerra fredda. Quindi, sarebbe stato corretto dire che quel premio di maggioranza non si applica se a votare, che so, vada meno del 60 per cento degli aventi diritto. Così facendo, infatti, si sarebbe obbligato il sistema partitocratico a portare alle urne quanti più elettori possibili con programmi tosti e concreti.

La seconda cosa che mi sconvolge, invece, è proprio la faccenda dei capilista bloccati, quando tutti gli altri sono assoggettati alla mannaia delle preferenze. Lasciatemi fare un ragionamento: come pensate che reagirà un tizio che abbia preso decine di migliaia di preferenze per essere eletto, trovandosi di fronte a un ex trombato ma candidato capolista, che deve soltanto al suo mentore l’elezione? L’uno, eletto democraticamente; l’altro uscito dal cappello a cilindro del solito illusionista della politica nazionale. A me pare una cosa sconcia. Che però conviene un po’ a tutti quanti. Beppe Grillo e Matteo Salvini, per esempio, ne hanno molto pochi di gagliardi e tosti che vanno a menar le mani con i loro avversari per convincere gli elettori a mandarli in Parlamento. Ma anche il centrodestra ha gli stessi problemi. Tuttavia, così com’è oggi combinato l’Italicum amputato, ci saranno grossi guai per la frammentazione delle liste. Molto divertente vedere ciò che sta succedendo a sinistra. Loro s’illudono che, scindendosi, valga come sempre la regola aurea dei ladri di Pisa: marciare disuniti di giorno, per colpire uniti la notte, grazie al ricompattamento della sinistra bianco-rossa con quella nostalgica.

Calcoli fatti senza l’oste dell’urna. Perché, se è vero che rinserrando le fila della demagogia sinistrese si possono richiamare all’ovile alcuni elettori delusi che nel 2013 hanno scelto il Movimento 5 Stelle, rimane il problema insolubile del “dopo”: con chi si alleeranno costoro, dando per scontato che la fame di potere terrà saldamente incollati i due monconi? Con Grillo? Con un centrodestra frammentato? Oppure con la Lega e Fratelli d’Italia? E, in tutto questo, Troika e spread si riaffacciano all’uscio di Pier Carlo Padoan, minacciando misure tutto lacrime e sangue che si riprenderanno in un colpo solo le assurde regalie elettorali di Renzi. Il quale, in questo modo, assisterà al definitivo crollo del suo castello di carta, edificato per puntellare l’idea dell’“uomo solo al comando”.

Donald Trump ha un potere che non esiste in Italia e, tutto sommato, dà continuità - facendo molta scena - alle politiche che Barack Obama aveva messo in atto atteggiandosi a finto buono. Così va il mondo.


di Maurizio Bonanni