L’improntitudine elegante

Vi ricordate quante volte Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan hanno reagito in modo sprezzante di fronte alle critiche sull’ottimismo dei numeri, della crescita e del risanamento? Quante volte hanno fatto passare per gufi tutti quelli che li ammonivano sulla leggerezza con la quale fissavano i dati previsionali e assicuravano la salute dei conti? Quante volte incuranti dei dubbi e dei consigli di chi suggeriva meno fantasia e più onestà intellettuale sul deficit e sul debito, hanno fatto spallucce con improntitudine.

Avevano torto e sapevano bene come stessero le cose, come fossero più negative le cifre dichiarate, come prima o poi i nodi sarebbero arrivati al pettine. I due, Renzi e Padoan, speravano nel bingo, nella tombola, insomma in quella fortunata evenienza che trasforma in buono ciò che è cattivo. In sostanza, tiravano a scommettere. Del resto basta chiedersi come mai in tre anni non ne hanno azzeccata una di previsione. Eppure stanno lì, uno dietro le quinte a dirigere e l’altro incollato alla poltrona. Siamo, insomma, di fronte ad un accanimento terapeutico al contrario, per fare male anziché bene.

In qualsiasi altro Paese normale un ministro che non azzecca previsioni su niente sarebbe stato sostituito, mentre da noi non è bastata nemmeno la mazzata del referendum. Da noi l’improntitudine è regina di tutto, nella politica e nella classe dirigente, per questo sprofondiamo nel caos e nel disastro. Non funziona niente da noi, basta sentire la tivù per registrare un bollettino di guerra: ospedali, scuole, terremotati, dati sull’occupazione, invasione di clandestini, criminalità, scandali. Dopo aver ascoltato le notizie, che pure si sa sono filtrate, viene un senso di scoramento e di indignazione da sentirsi male. Eppure la politica se ne buggera, pensa alla legge elettorale, al sistema per avere tanto con poco, o meglio con niente.

È sempre stato così negli ultimi vent’anni, ma da Mario Monti in giù si è toccato il fondo su tutto, sulle banche, sulle tasse, sull’immigrazione, sulla sicurezza, sui servizi e sul lavoro. Eppure nemmeno la vittoria del “No” li ha scossi, insistono ad occuparsi del sistema che gli consenta di restare al potere e poi si lamentano dell’esasperazione popolare. Roba da non credere.

Non guardano la realtà perché non la vogliono guardare, pensano che con la rottamazione delle cartelle, oppure con l’Ape abbiano risolto il dramma del fisco e della Legge Fornero. Pensano che con il decreto “Salva banche” o con i bonus abbiano risolto il problema del credito e della povertà. Pensano che affidando ai Prefetti ogni potere sull’immigrazione e all’Anticorruzione sulla disonestà, siano risolti i disagi e gli scandali.

Insomma, è l’improntitudine la loro stella cometa, ecco perché stiamo affondando sotto una valanga di guai. Hanno paura del voto, del giudizio popolare, dell’indignazione collettiva, hanno una paura tremenda perché non sono capaci di cambiare e non hanno il coraggio di farlo. Eppure voteremo, sì che voteremo, prima o poi ci toccherà di usare la matita e a quel punto ne riparleremo.

Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:07