Il Sic vale 17 miliardi,  la metà ai gruppi tv

La messa a punto dei dati sulla diffusione della stampa quotidiana e settimanale di novembre 2016 evidenzia una continuità ormai storica: la televisione è il medium preferito dagli italiani. L’annuario statistico dell’Istat registra che lo schermo attira il 92 per cento della popolazione dai 3 anni in su: tra i maggiori fruitori le generazioni che vanno dai 6 ai 14 anni (cartoni animati, giochi, sport) e quelle dai 65 ai 75 anni (film, fiction, intrattenimento). L’ascolto della radio riguarda il 53 per cento della popolazione, con una leggera diminuzione rispetto al 2015. L’altro elemento che rappresenta la realtà tecnologica in fase avanzata è il possesso da parte di nove italiani su dieci di un cellulare o di uno smartphone. Solo 4 persone su 10 leggono quotidianamente un giornale, in calo i lettori dei libri che dal 42 sono scesi al 40,5 per cento.

Il quadro complessivo evidenzia una persistente crisi del settore dell’editoria sia come vendita di giornali che come ricavi dalla pubblicità, che tra l’altro è assorbita in maggioranza dalle televisioni. Solo due quotidiani superano le 300mila copie al giorno (Corriere della Sera 329mila; la Repubblica 308mila), seguono poi La Stampa (211mila), Il Sole 24 Ore (160mila), Il Messaggero (144mila), L’Avvenire (142mila copie), Qn-Il Resto del Carlino (130mila), Il Giornale (126mila). I quotidiani sportivi si attestano intorno alle 200mila copie (Gazzetta dello Sport, 222mila; Corriere dello Sport, 181mila; Tuttosport 128mila copie).

Contemporaneamente, l’Agcom ha determinato la distribuzione delle quote dei vari soggetti presenti nel Sistema integrato delle comunicazioni (Sic). Dall’analisi è risultato che nessuno ha realizzato ricavi superiori al limite del 20 per cento stabilito dall’articolo 43 del testo unico dei servizi dei media, degli audiovisivi e radiofonici. Il Sic italiano vale intorno ai 17 miliardi di euro, di cui la metà è in mano all’area dei gruppi televisivi che raggiungono il 49,5 per cento, pari a poco più dell’1 per cento del Prodotto interno lordo. In particolare, la ripartizione fotografata dall’Agcom è la seguente: Sky Italia il 15,1 per cento, Rai il 13,7 per cento, Mediaset il 13,3 per cento, il Gruppo l’Espresso il 3,3 per cento, Google il 3,2 per cento, Rcs il 3 per cento, Cairo-Facebook-Sole 24 Ore l’1,3 per cento ciascuno. Dai dati dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si ricava anche che più di 30 milioni di italiani utilizzano i siti on-line e quindi una famiglia su 3 non ha accesso alla Rete da casa, tanto che l’Italia è posizionata al diciannovesimo posto in materia di banda larga.

In conclusione, la pubblicità sulla stampa è in forte calo tra gennaio e febbraio 2016 del 5,4 per cento, che fa peggiorare la situazione dei quotidiani in diminuzione del 6,6 per cento e dei settimanali del 4,5 per cento. Restano stabili i mensili. Cresce infine la pubblicità in radio con un più 10 per cento, che rappresenta il risultato più confortante degli ultimi 4 anni.

A proposito di pubblicità, l’Antitrust ha avviato un’istruttoria sul polo nato dall’acquisizione di Itedi della famiglia Agnelli (La Stampa e Secolo XIX) da parte del gruppo l’Espresso di Carlo De Benedetti. L’integrazione delle attività delle concessionarie Manzoni (gruppo Espresso) e Publikompass (Italiana Editrice) potrebbe portare nelle province di Torino e Genova alla costituzione di posizioni di monopolio o quasi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:43