Un libro di storia che ha fatto la Storia

martedì 17 gennaio 2017


Mi è ricapitato tra le mani, per una di quelle evenienze di chi vive nella assuefazione alla confusione, la “Storia d’Europa nel secolo decimonono” di Benedetto Croce, nell’edizione Adelphi 1991-1993.

Il libro è pressoché intatto, a riprova della mia ignoranza e del mio pressapochismo. E tuttavia si tratta di un libro che non posso sfogliare senza una commozione che va ben al di là di quella di una conoscenza e di un apprezzamento meramente culturale.

Quel libro in una delle sue prime edizioni (uscì per Laterza nel 1932) quando ne ebbi il primo sentore, all’inizio degli anni Quaranta, cambiò il mio pensiero, il mio impegno di vita. Lo scoprimmo, adolescenti ed ignoranti, un piccolo gruppo di compagni di scuola. Non oserei dire che “divenimmo crociani”, ché, sì e no, lo sfogliammo e ne leggemmo e rileggemmo alcune pagine. Ma era la scoperta dell’Autore, che per noi divenne il simbolo dell’opposto del fascismo, rozzo, intollerante, petulante, goffo e retorico. Di tutto quello che il fascismo non era. Per me, che l’antifascismo l’avevo conosciuto in famiglia e che mi pareva naturale esserne partecipe, fu la scoperta di un punto di riferimento.

Fu il diventare cultura, storia, passione civile ciò che era mera sensazione più estetica che moralistica. Per quei miei compagni (tutti oggi scomparsi) era la scoperta di un mondo, o meglio, del rovescio di un mondo che voleva prendersi le nostre anime, il nostro pensiero. Ho detto che “non si può dire che divenimmo crociani”.

I miei amici, più tardi, presero strade diverse magari partecipanti della emarginazione del pensiero e della scuola di Benedetto Croce. Io rimasi sempre in uno stato culturale confusionale, tra l’illuminismo e lo storicismo crociano, in una sintesi che l’ignoranza ha potuto realizzare meglio che la raffinatezza del sapere. Ma, se la speculazione teorica non mi ha mai attratto più che tanto e se ho avuto modo di conoscere diversi “crociani” che non mi hanno certo spinto a riconoscermi in uno di loro, la supponenza della cultura marxista e di quella cattolica, sempre alleate nella messa al bando della cultura crociana e della figura stessa di Benedetto Croce, mi hanno sempre portato a considerare quella mia prima icona della cultura e del pensiero politico e filosofico come un punto di riferimento, l’”altro” rispetto alla miseria ed al conformismo culturale ancora dilagante.

Oggi le correnti di pensiero che già Croce, nei primi capitoli della “Storia d’Europa” indica come gli avversari, le antitesi della “religione della libertà” (basterebbe il fatto di aver così titolato un capitolo di quel suo libro in pieno regime fascista per fare di Croce un protagonista positivo della storia di quel triste periodo) sono disfatte e travolte e lasciano tracce tutt’altro che apprezzabili del loro lungo dominio.

Ma non sembra che a tutto ciò abbia fatto seguito quella rivalutazione del pensiero crociano, storicista, liberale che i due grandi sconfitti avevano messo al bando. E non sembra nemmeno cancellata quella “damnatio memoriae” di Benedetto Croce che cattolici e comunisti si sentirono in dovere di realizzare.

Non sarà certo la mia parola, il mio suggerimento a ravvivare l’interesse per quelle conquiste del pensiero e per la figura di uno degli Italiani che hanno attraversato a fronte alta uno dei periodi più complessi, difficili e bui della nostra storia, segnando conquiste elevate del sapere e della moralità del nostro Popolo. Spero che altri non disdegnino di cimentarvisi.


di Mauro Mellini