Gioventù bruciata dall’individualismo?

Anche da ultimo, con riferimento all’orribile delitto compiuto dai minorenni che hanno assassinato a colpi d’accetta i genitori (nella foto) di uno dei due, non sono mancati i soliti riferimenti sociologici alle cause di cotanta crudeltà e violenza. Colpa della famiglia? Colpa della società? Colpa dei rei confessi? No, dei rei confessi no! Sono ragazzi, immaturi e irresponsabili. Non si rendevano conto di quello che facevano. Stiamo parlando di macellare due inermi coniugi addormentati a letto. Stiamo parlando di teste infilate in sacchi. Stiamo parlando della mamma e del papà. Stiamo parlando di amici di famiglia. Eppure non è bastato a rendere consapevoli i giovinastri di perpetrare un crimine ripugnante, materialmente e moralmente. Erano stufi, pare, di ricevere l’uno rimproveri familiari per negligenze scolastiche e l’altro di essere tenuto con le tasche non proprio piene. Dunque il movente sarebbe diverso per i due: l’odio verso i genitori e l’amore dei soldi.

Orbene, l’odio e l’amore sono da sempre, dalla notte dei tempi, forse i due più potenti generatori delle scelleratezze, specialmente di sangue, fino alla soppressione della vita. Ma qui l’odio è generato dalle paternali, mentre i soldi in questione sono una modesta cifra. La scelleratezza sembra davvero troppo sproporzionata alle cause. Perciò i giornali si sono esercitati a scovarne altre plausibili. Tra queste hanno predominato il vuoto sociale e l’individualismo personale. Il vuoto sociale consisterebbe nel fatto che i due sfaccendati vivevano in un nulla di playstation e bar, come se l’esistenza fosse un’app del mondo sradicato dalla realtà.

Un tempo veniva insegnato, in casa e a scuola, che l’ozio è il padre dei vizi. Ma questi due disgraziati ragazzi non erano coscienti di oziare. Infatti la scuola stessa, per quanto poco e male frequentata, la consideravano estranea al modo di vivere, un fastidio alienante, un modo di perdere quel tempo che loro impiegavano pienamente solo nel poltrire e bighellonare. I giornali non precisano se fossero stati puniti per questa scioperataggine o se la famiglia e la scuola avessero cercato d’inquadrarli con la necessaria fermezza. Ma cosa c’entra l’individualismo con tutto questo? Tutto questo è il contrario esatto del vero individualismo, che significa responsabilità, rispetto, bastare a se stessi, contare su se stessi, sacrificarsi per conquistare e mantenere l’indipendenza personale.

Tutto questo evidenzia, invece, mancanza di carattere, irresponsabilità, fiacchezza morale, spirito gregario, incapacità di far da soli, mancanza di prospettiva. Proprio perché questi due, tipi del genere, erano e vivevano così, in modo opposto a come dovrebbero essere formati degli individualisti, hanno fatto quello che hanno fatto. Imputare all’individualismo la loro scellerata condotta sembra un modo obliquo di ripetere l’errore filosofico e politico consistente nell’attribuire alla libertà le colpe personali di chi ne abusa, e di sovvertirne un canone basilare: dove non è rintracciabile, anche dopo le ricerche più accurate, una oggettiva e specifica scusante, l’azione o l’omissione integranti un crimine devono essere attribuite e gravare sull’autore, senza arzigogoli giustificazionisti. Nell’esistenza quotidiana dei cittadini e nella vita profonda della nazione pare piuttosto che l’individualismo rettamente inteso sia l’appannaggio di un terzo soltanto degl’Italiani.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:46