Sciascia, l’antimafia   e la lettera a Caselli

Come dice il detto popolare: “Il mondo è bello perché ognun si guida il suo cervello”. Ed è bello anche quando il cervello manca, o quando questo cervello è stellarmente lontano dal nostro dire, pensare, “sentire”.

Esempio di questa “bellezza” (e di questo cervello) è quasi ogni articolo pubblicato su “Il Fatto quotidiano”, e recentemente un intervento di Gian Carlo Caselli, già magistrato impegnato in una quantità di inchieste su terrorismo e mafia. In pensione, Caselli prosegue il suo impegno e gli va riconosciuta una coerenza tra il suo dire e il suo fare, e il suo dire e fare di “ieri” con quello di “oggi”. Si può dissentire (e si dissente), ma certo Caselli non è persona buona per tutte le stagioni. La sua è “una” stagione, ed a quella stagione coerentemente è fedele.

Per tornare al suo recente articolo sul “Fatto”, Caselli interviene sulla vicenda, più che annosa, innescata dall’articolo che Leonardo Sciascia pubblicò sul Corriere della Sera: quello intitolato “I professionisti dell’antimafia”. Di quella vicenda Caselli ne ricava un succo che è esattamente l’opposto di quello che ne ricavo io; ma va bene così: il mondo è bello appunto perché è vario. Ma nel raccontarne la “bellezza”, conviene raccontare tutte le sue “varietà” per poterla meglio apprezzare e gustare.

Caselli ad un certo punto del suo scritto rievoca la seduta del Consiglio Superiore della Magistratura che “boccia” Giovanni Falcone per via dell’inferiore anzianità rispetto a quella di Antonino Meli. A quella seduta siamo entrambi presenti: lui come componente del Csm, io come giornalista. Ne ho nitido ricordo. In quella seduta viene agitata quella norma relativa all’anzianità di cui invece non si era tenuto conto quando si era trattato di “promuovere” Paolo Borsellino per il posto di procuratore di Marsala. Per Borsellino si fece (opportunamente, giustamente) valere il criterio dell’esperienza, del “sapere” e non quello dei “bollini” di anzianità. Per Falcone si fece valere il criterio dei “bollini” di anzianità e non si tenne conto dell’indubbio “sapere”, dell’incontestabile esperienza. Applicare la norma in un caso, ignorarla nell’altro: per me è questa l’essenza della questione; la questione, tra le altre (che c’erano e continuano a esserci), sollevata da Sciascia. Spero che nel frattempo quella norma non sia più in vigore, perché cancellata, e non per desuetudine; ma non ne sono certo. Piacerebbe averne assicurazione e certezza.

Caselli, come ho detto, faceva parte di quel Csm: eletto per la corrente di “Magistratura Democratica”, in cui ha sempre militato. In quella seduta Caselli fu tra quanti votarono per Falcone. Assieme a Caselli, altri nove. Per Meli votarono invece in quattordici; cinque gli astenuti. Tra i quattordici che votano contro Falcone (e per Meli) ci sono anche Elena Paciotti e Giuseppe Borré, entrambi (come Caselli) di “Magistratura Democratica”. Non sarebbe male ricordarsela, ogni tanto, quella chiamiamola “contraddizione”: perché “Md” si spacca, perché due su tre ritengono più utile votare Meli e negare il voto a Falcone. Pensate: se Borré e Paciotti invece di votare Meli avessero dirottato il loro voto su Falcone, Meli da quattordici sarebbe passato a dodici; e Falcone da dieci a dodici... Chissà, forse qualcosa sarebbe scattato, qualcosa sarebbe mutato. Paciotti, poi, scaduto il mandato al Csm la si ritrova candidata ed eletta dal Pci al Parlamento europeo, candidatura di cui ancora oggi non so spiegarmi il senso (o magari, invece, me lo spiego benissimo: se penso, per esempio, al lungo articolo pubblicato tempo dopo da Alessandro Pizzorusso, anche lui componente di un Csm, “quota” Pci, dove si sosteneva che Falcone, per aver accettato l’incarico al ministero di Grazia e Giustizia, era da considerarsi inaffidabile; articolo pubblicato su “L’Unità”).

Ora si faccia pure la tara del mio essere radicale, come sostantivo e come aggettivo e il mio cercare d’applicare la lezione non solo politica ma anche giornalistica di Marco Pannella, quella del cercare il “bello del brutto, il buono del cattivo”. Però, come dice Amleto ad Orazio? “Ci sono più cose in cielo e in terra di quante non ne sogni la tua filosofia...”. Ecco.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:45