Basterebbe fare bene

Anziché stare dietro alle sciocchezze fuori dal tempo che Beppe Grillo s’inventa per attrarre l’attenzione degli stessi mezzi d’informazione, che poi insulta e dileggia, basterebbe fare bene e seriamente.

Del resto, il comico che si è messo a recitare in politica come faceva a teatro, tra provocazioni, battute, freddure e barzellette, è proprio questo che cerca, cioè l’attenzione e la pubblicità; dunque abboccare all’amo significa favorirlo. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che in fondo il Movimento Cinque Stelle nasce dall’esasperazione popolare dovuta alla scelleratezza, all’ipocrisia, all’opportunismo e al malaffare che in larga parte la politica ci ha dimostrato in questi anni.

È così che Grillo viene su, intercettando scaltramente il senso di profonda indignazione verso governi e maggioranze che, anno dopo anno, sono riusciti a disgustare e invelenire milioni di italiani. Che poi il Beppe nazionale abbia dimostrato un intuito e un fiuto del clima che si andava creando è innegabile. Per questo provoca, suggestiona e attacca con proposte dirompenti. Abboccare al suo amo, seguirlo nel percorso che traccia, dargli spago, serve solamente ad alimentare quel fascino che altrimenti resterebbe fermo al palcoscenico dei teatri, dove Grillo per anni ha divertito tanti di noi. Tra l’altro non possiamo negare che la creazione di un Movimento antagonista alla mala politica, alla mala gestione della cosa pubblica e alla deriva morale di tanta classe dirigente, per certi versi sia stato un fatto positivo.

Ha ragione Grillo, infatti, quando dice che il suo “Partito” ha sottratto acqua a una protesta crescente che, se si fosse organizzata confusamente sull’onda dell’indignazione, ben altri sbocchi avrebbe potuto avere. In fondo i grillini hanno saputo coagulare intorno al livore popolare un gruppo politico che, seppur in modo contraddittorio, esprime la necessità di una svolta e di un cambiamento. Sta tutta qua la furbata di Beppe: aver capito il momento e averlo saputo canalizzare e amplificare attraverso la Rete, che, per sua natura, non solo è vastissima ma sostanzialmente priva di regole. Ed è proprio questa mancanza di regole che consente con poco di ottenere tanto, con un click di scatenare dibattiti. Insomma, Grillo ha scoperto la leva e la Rete è il suo punto di appoggio per sollevare di tutto ovunque. Sia chiaro, nulla sarebbe stato possibile se questo Paese avesse avuto negli ultimi decenni governi e maggioranze all’altezza dei problemi e delle necessità, insomma una classe dirigente seria e capace.

Al contrario, non solo la mancanza di risposte alle istanze collettive, ma la permanenza di sbagli, opportunismi, scandali, interessi personali, menefreghismi e arroganze hanno gettato fiumi di benzina sulla scintilla popolare. Ecco perché milioni di persone stanche e disgustate hanno pensato di trovare rifugio in un Movimento alternativo che, per molti versi, gli dà voce e rappresentanza. Non si può disconoscere, infatti, che alla base del fenomeno grillino ci siano segnali e messaggi veri e concreti di grande risentimento verso il malcostume di un sistema Paese che viaggia incontro al collasso. Per questo basterebbe fare bene e seriamente; basterebbe che si smettesse di giocare con il fuoco e s’iniziasse a risolvere i problemi del Paese.

Perché si è fatto finta di non capire l’ossessività e l’avidità di Equitalia? L’indecenza delle pensioni d’oro vicino alla Legge Fornero? L’utilità di un reddito se non di cittadinanza almeno di accompagnamento? Perché si è fatto finta di non capire che l’Euro è troppo germanocentrico e per questo non va bene? Che accogliere fiumi di sconosciuti senza espellerne nessuno sarebbe stata una bomba sociale? Perché si è andati a braccetto con Sergio Marchionne dimenticando artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, autonomi? Perché anziché punire le banche, che hanno truffato migliaia di risparmiatori, si è trovato il modo di salvarle obbligando i cittadini a pagare il conto? Perché le tasse non scendono e non si sfoltiscono e i furbetti di Stato non si licenziano in tronco? Per non parlare degli scandali, degli stipendi da capogiro dei manager pubblici, delle lottizzazioni alla Rai come all’Enel, all’Eni e via dicendo. Insomma, perché non si è fatto nulla di nuovo e diverso?

Dove sarebbe la novità degli ultimi governi, da quando Silvio Berlusconi è stato defenestrato? C’è novità forse nel Monte dei Paschi di Siena, nella vigilanza della Consob e Bankitalia, nella televisione pubblica, nel Jobs Act o nell’Ape? C’è novità nella fasulla rottamazione di Equitalia? Oppure, da quando c’è l’anticorruzione sono finiti gli scandali? L’apparato pubblico è stato sfoltito, riorganizzato? E la spesa è stata tagliata negli sperperi veri, quelli che fanno rabbrividire grazie agli statuti speciali o agli enti in deroga ai tetti salariali? Da ultimo, è stato rispettato il voto popolare al referendum, oppure si pensa che un governo fotocopia con un ministro che dichiara una laurea inesistente sia un messaggio di cambiamento?

Dunque smettiamola di correre dietro a Grillo, che inzuppa il pane in queste scelleratezze quotidiane e riscopriamo la serietà, la dirittura, il senso laico della cosa pubblica e la necessità della gente. Come diceva Filippo Turati, serve di “rifare l’Italia”, a partire dalla giustizia, dal fisco, dalla Pubblica amministrazione, dai servizi, dalla previdenza, dagli enti inutili e dal lavoro. Solo così si potrà sconfiggere non solo Grillo, che poco conta rispetto ai guai che ci ritroviamo, ma la deriva socioeconomica che generazioni di politici e dirigenti dissennati, disonesti, arroganti e onnipotenti hanno fatto esplodere colpevolmente e scelleratamente.

Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:11