Referendum 2016: risultato non digerito

Che il renzismo, il Partito Democratico, lo stesso Matteo Renzi non siano riusciti a digerire il risultato del referendum si spiega facilmente. L’arroganza e le velleità autoritarie non prendono lezioni dalle loro sconfitte.

Più complesso è l’atteggiamento di quei settori della intellettualità che si erano allineati con il “Sì”. Giuliano Ferrara potrà scrollarsi di dosso la sua scelta per il “Sì” ed il suo fastidio per il “No”. Meno facilmente lo fanno altri meno versatili e meno disposti a risolvere tutto con una scrollata di spalle e qualche luogo comune sulla sciocchezza degli italiani.

Qualche considerazione non del tutto arbitraria sulle sciocchezze altrui dovrebbero farla gli industriali che avevano puntato sul “Sì” confidando non solo e non tanto in Renzi e nel Pd, quanto sui giornali, sugli “opinionisti” al loro servizio, sugli apparati “culturali” annessi e connessi. Ma sono troppo impegnati a compiere manovre di sfruttamento della nuova (?) situazione per perdere tempo a riflettere. Lo stesso si dovrebbe dire dei pennivendoli della gran parte della stampa.

Questa sconfitta dei padroni dell’informazione e dei maestri del pensiero, questa dimostrata incapacità di incidere sulle scelte semplici e chiare della gente non è un fatto nuovo. Nel 1987, quando si tenne il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, il 90 per cento della stampa era per il “No” all’abrogazione del diritto di chiamare i giudici a rispondere delle loro malefatte. E, malgrado lo schieramento per il “Sì” del Partito Socialista e di quello Comunista, gran parte degli “uomini di cultura” si schierarono per il “No”. Non riuscirono a spostare che una frazione minima dell’elettorato, come risultò dalle analisi comparate con quelle del voto di altri quattro referendum tenuti contemporaneamente. Ma c’è un altro aspetto della questione, in cui sembra ripetersi quel che avvenne dopo il referendum sulla responsabilità civile. I vincitori, cioè Bettino Craxi e i Socialisti, ché i Radicali che erano stati tra i promotori ed avevano raccolto le firme si disinteressarono del seguito per la nota e sciagurata loro teoria che “i referendum camminano da sé...” non seppero essere coerenti con il voto popolare vincente. Anzi, accettarono la manovra di Luciano Violante per una legge da fare “comunque” (anche, cioè, in caso di vittoria del “No”) che annullava ogni pratico effetto del referendum. Fu il principio della fine. Cioè la fondazione ed il trionfo del “Partito dei Magistrati”.

Salvare oggi il renzismo con un nuovo “nazarenismo” è un errore forse un po’ più difficile a realizzarsi che non quella sciagurata resa di allora dei vincitori. Che però non va dimenticata. C’è anche oggi chi aveva paura di vincere e magari ha paura di aver vinto. Diamo un calcio in quel posto anche a questi menagramo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:43