Obbligati ad accogliere

Quando insieme a poche e isolate voci dicevamo che “Mare Nostrum” era una pericolosa sciocchezza, che i predicatori dell’accoglienza tout court sbagliavano, ci siamo beccati di tutto eppure avevamo visto giusto. Quando persino al Santo Padre suggerivamo di andarci piano perché i problemi sarebbero stati non del Vaticano ma dell’Italia, ci siamo sentiti dire la qualunque, eppure avevamo ragione. Quando attaccavamo i cattocomunisti per l’ipocrisia e l’opportunismo con il quale esortavano al buonismo scellerato nei confronti di un’immigrazione incontenibile, ce ne hanno dette di tutti i colori, eppure ci azzeccavamo. Quando, infine, affermavamo che la politica delle porte aperte e basta, sarebbe stata devastante per ovvie ragioni di buon senso, apriti cielo, eppure anche lì avevamo intuito bene. Insomma, quando con pochi e coraggiosi altri parlavamo di blocco navale, di respingimenti, di interventi in loco per gestire un fenomeno che lasciato libero di espandersi sarebbe diventato drammatico e disastroso, ci siamo presi ogni sorta di insolenze e di accuse, eppure eravamo nel giusto.

Oggi a distanza di anni, quei predicatori radical chic, quei politici cattocomunisti, quei filosofi dell’integrazione, quei professori per cui l’immigrato è una risorsa a prescindere iniziano a spaventarsi e a capire che razza di guaio abbiano combinato. Cominciano a rendersi conto che un flusso oceanico, incontrollato, incessante di sconosciuti, di persone non identificabili, di gente di cui nulla si può sapere sta provocando focolai crescenti di pericoli e disordini sociali. Del resto solo l’ipocrisia poteva far supporre che l’ingresso a fiumi, a centinaia e centinaia di migliaia di individui in fuga, non solo dalla guerra ma da tutto, sarebbe stato indolore e pacifico. Come se non bastasse quegli stessi predicatori sapevano bene, anzi benissimo, che non saremmo stati in grado di accoglierli, gestirli, indirizzarli e dunque integrarli, eppure hanno fatto finta di niente.

Sapevano benissimo che dal mare sarebbe arrivato chiunque, perché il male viaggia sempre insieme al bene, quei predicatori conoscevano perfettamente i nostri limiti e i problemi già in essere fra la nostra gente, eppure se ne sono ipocritamente buggerati. Anzi, pur di insistere hanno consentito che intorno a questo dramma si costruisse uno dei business del secolo: l’industria dell’accoglienza, un’industria inventata ad hoc senza controlli né regole, senza esperienza né professionalità. Non solo l’hanno consentita, ma anche utilizzata pur di pietire e lucrare dall’Europa un po’ di soldi, di flessibilità, di tolleranza sui conti pubblici, di comprensione sulla mala gestione di Stato.

Tanto è vero che in Italia dal nulla sono sorte cooperative, società, aziende e strutture in gran parte anonime, opache, che fatturano barche di soldi erogati senza rendiconto, in cambio di accoglienza da gulag sovietico. Oggi il risultato è un’invasione di clandestini sparpagliati ovunque, che in larga parte abbandonati a se stessi delinquono, spacciano, protestano, minacciano, terrorizzano i cittadini residenti. Errori e ipocrisie di questa portata meriterebbero davvero l’incriminazione politica e storica, si tratta di sbagli consapevoli, prevedibili che non meritano giustificazioni di sorta. Qui non si parla di rifiutare accoglienza a chi fugge veramente dalle guerre, si parla di farlo nei modi e nei limiti che uno Stato serio e avvertito deve saper porre in atto.

Sia come sia, la frittata è fatta e siccome dissennatamente continuiamo a imbarcare immigrati senza sosta, prepariamoci ad affrontare conseguenze ed emergenze sociali rischiosissime, purtroppo. Senza un freno, infatti, sarà difficile tornare alla normalità, gestire chi è entrato, placare l’esasperazione motivata dei comuni obbligatoriamente invasi. Serve di bloccare gli arrivi, serve di espellere l’enormità di clandestini infiltrati, serve identificare davvero chi ha diritto, serve imporre il rispetto delle nostre regole a quelli che restano, serve realismo e non buonismo. Serve offrire a quelli che meritano non solo un’accoglienza degna, ma un’integrazione coerente che non sottragga diritti agli italiani, serve insomma una capacità politica che gli ultimi governi non hanno dimostrato nemmeno lontanamente di avere.

Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:12