Un Presidente reo confesso

martedì 3 gennaio 2017


È consuetudine accogliere con gridolini di ammirazione e di approvazione il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica. Quando le alte lodi sono obbligatorie secondo la regola del “politicamente corretto”, non significano un bel niente. E, in genere, si sviluppa non so se una scienza o un’arte con la quale le lodi vengono analizzate per ricavarne qualcosa di meno melenso ed inutile. Non conosco né l’arte di levare giudizi ammirati d’obbligo, né quella di interpretare l’effettivo valore di quelli altrui, una volta che ho dovuto prendere atto che hanno valore “consuetudinario”, cioè ipocrita.

Mi pare che Sergio Mattarella si sia allineato col partito del “non è successo niente” o, almeno, “non è successo un granché”. Ma se c’è un accenno di novità, esso è costituito dalla propria autodifesa. Si potrebbe dire: è già qualcosa.

Mattarella si difende dall’addebito di non aver sciolto le Camere a seguito del calcio in quel posto mollato dal Popolo Italiano al grottesco aspirante “dittatorello”. Se riflettiamo sugli argomenti (non c’era una legge elettorale costituzionalmente presentabile ed usufruibile) dobbiamo renderci conto che anche Mattarella, anzi lui prima degli altri, fa parte del partito che si fa forte degli effetti delle proprie malefatte e così “si giustifica”.

Il Presidente della Repubblica dovrebbe essere il “custode della Costituzione”. Che razza di custode è quello che promulga senza battere ciglio l’“Italicum”? Certo, oggi ammette che con quella legge non si può andare decentemente a votare. Ammette di aver fatto male il Presidente. È reo confesso. Per non parlare della sua antica (cioè recente, ma risalente a prima della sua assunzione della Presidenza della Repubblica) propensione per i pasticci delle leggi elettorali “ad personam” (“Mattarellum”, ecc.).

È inutile ricordare che Mattarella non ha mosso un dito per invitare Matteo Renzi alla moderazione in fatto di manomissioni della Costituzione, e neppure lo ha esortato a redigere un testo almeno chiaramente decifrabile. Sarà politicamente scorretto dirlo, ma quel “messaggio” contiene di buono solo una ammissione quanto meno di corresponsabilità.


di Mauro Mellini