Risveglio degli Italiani

I cittadini italiani hanno salvato la Costituzione e, con essa, la libertà, la democrazia, la dialettica civica e l’idea per cui la Carta fondamentale è un bene comune, che non può modificarsi in modo radicale, a colpi di maggioranza o di fiducie al Governo, ma con un metodo consapevole e condiviso tra le forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione. Quel metodo che animò i Costituenti del 1946-’48, i quali fusero in un mirabile testo gli ideali del Primo e del Secondo Risorgimento e, con il procedimento di revisione, esclusero una riforma che, come quella fortunatamente evitata, avrebbe pregiudicato addirittura i princìpi fondamentali, per loro natura indisponibili, siccome costitutivi della forma di Stato, ed essenziali all’unità del Paese e alla convivenza civile, garantita dalla Costituzione per tanti anni.

Il principio della democrazia diretta, secondo la previsione di detto procedimento, ha arginato la volontà forzatamente espressa da un Parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale, ristabilendo verità e rigore, disattesi, in questa materia delicatissima e, come tale, da affrontare con estrema attenzione, da un organo (non correttamente) rappresentativo della volontà popolare.

È questa la funzione che l’articolo 138 della Costituzione assegna al referendum costituzionale, erroneamente da taluni definito confermativo mentre è oppositivo, siccome teso ad opporre il principio di democrazia diretta a quello di democrazia rappresentativa, che si ritiene, da parte dei promotori, non abbia adeguatamente funzionato. È ciò che l’esito referendario ha sancito, affermando la volontà popolare, la primazia della Costituzione e la necessità che ogni revisione (e non riforma) sia puntuale, omogenea e largamente condivisa in Parlamento. Con l’alta affluenza alle urne e con un voto esemplare ed indiscutibile, gli italiani hanno dimostrato di aver compreso il pericolo, dicendo al Governo, fuoriuscito dalla sua funzione istituzionale per assumere un ruolo di parte, che la Costituzione non è alla mercé di nessuno e i suoi valori sono intoccabili.

Il “No” del 4 dicembre 2016 ha impedito che l’Italia tornasse indietro, addirittura rispetto alla Rivoluzione Francese sul principio della sovranità popolare e, rispetto alla Carta del 1948, sul principio autonomistico, che è espressione del generale principio pluralistico, linfa essenziale di libertà. È il risveglio dell’opinione pubblica da un lungo torpore (nonostante l’anomalo tentativo mediatico, sia della carta stampata sia televisivo, di condizionare il voto verso il “Sì”, a vantaggio dei cosiddetti “poteri forti”, che non si sa bene che cosa siano, ma che ciascuno intuisce che ci sono) e forse è la prima affermazione di essa nella storia d’Italia, grazie anche al voto dei giovani, che, con la forza e la fermezza dimostrata, costituiscono la nostra unica speranza di portare l’Italia al posto che le spetta tra le grandi democrazie dell’Occidente.

(*) Docente di Diritto costituzionale nell’Università di Genova e di Diritto regionale nelle Università di Genova e “Carlo Bo” di Urbino

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:23