Case, organi, risparmi: schedatura Ue di Renzi

Non saranno in tanti a capire che votare “No” potrebbe liberarci dalle manette della “democrazia bancariamente protetta”, e per riprenderci almeno parte della nostra sovranità nazionale. Un primo passo, e perché la strada che ridarebbe all’Italia la libertà di produrre e lavorare è ancora costellata di trappole. La prima fra tutte si conferma la buona pubblicità che ancora circonda l’Euro, una moneta senza alcun valore emessa su concessione di una banca privata (la Bce appunto). Carta straccia a debito emessa cartolarizzando a nostra insaputa tutto il patrimonio degli italiani: quanti più Euro vengono stampati, tanto meno siamo proprietari delle nostre case. Poi c’è il nostro lavoro, che di fatto si risolve in una nuotata nelle sabbie mobili: chi più guadagna più s’indebita, infatti l’Euro è una moneta emessa a debito in correlazione alla ricchezza del Paese membro del “Club Ue”. Ma questo gioco che ricorda tanto il paradosso di Achille e la tartaruga (attraverso il quale si riusciva a dimostrare che più l’eroe correva e maggiormente veniva battuto dalla lentissima testuggine) sta sfinendo gli animi dei Paesi più poveri della zona Euro: ormai il rapporto tra Paesi poveri dell’Ue ed economia tedesca, olandese, belga e danese, è paragonabile a quello tra indebitato e usuraio. Quest’ultimo gode però della propria protezione al Governo Renzi: non è un caso che il duo Obama-Merkel si sia espresso a favore del “Sì”. Qui tornano a bomba le parole del ministro tedesco Wolfgang Schäuble, ovvero “l’Italia deve fallire”. Infatti, per la Germania, dopo la Grecia tocca all’Italia cedere ai capitali tedeschi tutti gli importanti asset (cespiti aziendali) del Belpaese.

È evidente come la stampa sia pronta a dare del populista a chiunque non accetti un futuro da servo della gleba degli junker tedeschi (aristocrazia prussiana). Allora diciamola tutta, qui ci vuole la cacciata di Matteo Renzi. Augurandosi un presidente del Consiglio che bruci nella pubblica piazza tutte le sanzioni Ue, dicendo agli italiani “da oggi potete produrre in barba alle normative europee”, soprattutto “potete tornare a costituire banche popolari e cooperative di credito come s’usava più di trent’anni fa”. Per ora solo un sogno ad occhi aperti, e perché sembra siano disposti anche a far brogli elettorali pur di far vincere il “Sì”. Ne ragionavo ieri con l’amico Bruno Laganà (portavoce del Fronte Nazionale) che mi ha pregato di guardare con attenzione una banconota in euro: non reca alcuna dicitura “pagabile a vista al portatore” (com’era per la lira ed è per dollaro e sterlina). In verità la Bce non è una banca centrale, ma una società privata costituita dalle banche centrali dei singoli Stati; non ha riserve auree, quindi non potrebbe pagare un bel niente. Ciliegina sulla torta: sulle banconote non c’è scritto “la legge punisce i fabbricanti e gli spacciatori di biglietti falsi”. Invece ogni banconota Euro reca in alto a sinistra, accanto alla bandiera europea e prima dell’acronimo Bce, una dicitura in diverse lingue (tanto piccina e difficilmente si nota): è il simbolo del copyright, una lettera “c” in un cerchio. Essendo il copyright un istituto di diritto privato, le banconote in Euro, a differenza delle altre monete, non possono avere corso forzoso: sono un titolo privato, come un assegno o una cambiale. Corso forzoso significa che chiunque si trova all’interno del territorio dove la moneta ha corso legale, è obbligato ad accettarla. Non potrebbe rifiutarsi, ma ciò non vale per l’Euro. L’Euro viene accettato solo per convenzione: perché l’entrata nell’eurosistema è stata solo una convenzione bancaria tra privati.

E cosa succederebbe se per una grave crisi (è già accaduto in Argentina) questa convenzione saltasse e l’Euro non venisse più accettato? Ci ritroveremmo tutti con in mano volantini pubblicitari della Bce. Di fatto la vittoria del “Sì” metterebbe al riparo i crediti degli usurai, vale a dire che i servi del “nuovo ordine mondiale” governerebbero per sempre l’Italia e, in caso di catastrofe economica, userebbero a loro piacimento i patrimoni degli italiani: ricordate quando Mario Monti minacciava l’ipoteca europea sui nostri tetti presso la Bce se non avessimo pagato l’Imu? Con la vittoria di Renzi questo spettro si materializzerebbe, perfezionando l’emissione a debito dei volantini emessi dalla Banca centrale europea.

Ma il “Sì” al referendum costituzionale vuol anche dire che lo Stato (ovvero certi interessi privati nella gestione pubblica) potrà introdurre liberamente alcune norme capestro in ambito sanitario, come l’obbligo di presentare carta di credito (e per tracciabilità bancaria) per qualunque forma di ricovero, anche se gratuita: ci diranno che si tratterebbe di una semplice formalità, che non ci verranno prelevati soldi, ma per tracciare bancariamente i malati occorre che questi ultimi che si muniscano di carta di credito. Un futuro già organizzato dalla ministra Beatrice Lorenzin, che nella passata primavera aveva fissato i nuovi parametri di riferimento per l’erogazione dei servizi sanitari. Di fatto la riforma Lorenzin ha già avviato la sanità a tre gambe: pubblica per gli indigenti, mutualistica per chi lavora, privata per chi se lo può permettere. In pratica, passando il “Sì” la sanità pubblica coprirà i costi solo dei “salvavita in extremis”: ovvero tutto ciò che non è ad un passo dal trapasso dovrà essere pagato dalla tasca del malato. Una riforma sponsorizzata da assicurazioni e sanità privata: le stesse entità poco spirituali che oggi appoggiano la campagna per il “Sì”.

Consentiteci l’uso filosofico del paradosso, tanto caro all’Ellade, solo con la vittoria del “No” potremmo scongiurare che i nostri organi vengano compravenduti (a nostra insaputa) per pagare i debiti contratti dall’Italia con i Paesi ricchi dell’Unione europea. Perché, in barba alla privacy, il domani parla di ricoveri in cui, anche per un ginocchio rotto, verranno analizzati i nostri organi vitali, poi schedati per un eventuale futuro espianto. Sfuggire al nuovo “ordine globale” è possibile, basta dire “No”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:04