Berlusconi: ricordare anche la persecuzione

venerdì 30 settembre 2016


Ottant’anni di Silvio Berlusconi. Auguri, festeggiamenti e rievocazioni di una vita straordinaria. C’è una quasi unanimità un po’ sospetta. Sospetta di voler rappresentare, essendone solitamente esso una naturale conseguenza, la fine politica dell’uomo e del partito da lui creato.

Mi spiego meglio, se è necessario. Nella vita politica sono gli insulti, le critiche che danno il segnale e la misura della vitalità e della forza effettiva di chi ne è oggetto. Di ciò è una metafora Marco Pannella: finché fece politica seria, sembrò voler creare una forza politica, ebbe insulti, critiche, commenti ironici, sberleffi. Quando tutti capirono (peraltro con ritardo) che aveva sciolto il Partito Radicale, che faceva prediche sempre più generiche e mirava al successo di spettacolo, ebbe massimo plauso, commossi consensi e riconoscimenti da presidenti, papi, destra e sinistra.

Ma se questo è quanto deve dirsi dell’atteggiamento di oggi degli altri verso Berlusconi, c’è qualcosa di assai importante da aggiungere per quel che riguarda l’atteggiamento dello stesso Berlusconi verso la sua storia, deducibile anche dalle rievocazioni della sua figura e del suo ruolo da pare dei media ancora a lui appartenenti. C’è un vuoto nelle rievocazioni dalla sua parte della sua eccezionale carriera: manca oggi, cioè anche oggi, la rievocazione della straordinaria persecuzione giudiziaria scatenata contro di lui. Manca la rievocazione del fato che fu destituito dal “Partito dei Magistrati”. È come voler fare la storia che so, di Giulio Cesare e tacere che fu assassinato da Bruto e dagli altri congiurati.

Non è questa, si dirà, l’occasione per ricordare la condanna, e soprattutto, perché di questo non si può discutere, l’infondatezza e l’ingiustizia, il numero di processi, delle accuse, di ogni genere, cessati d’incanto quando fu destituito. E si dirà: questo gradisce Berlusconi per godersi in pace il suo compleanno. Nossignori. Non solo ha sbagliato e sbaglia a “dimenticare” la congiura del “Partito dei Magistrati” in suo danno. Non ne ha il diritto. Ci sono cose, magari gesti di generosità, che ad un uomo politico non sono consentiti. Non ricordare quei fatti è un regalo illecito a chi li ha compiuti, ad una magistratura “di lotta” e di parte e, quindi di ingiustizia. Ed un regalo ai ricettatori del frutto di quella estorsione, il partito e gli uomini cui gli aggressori consegnarono il potere a lui strappato “per via giudiziaria” (si fa per dire).

Non credo che Berlusconi preferisca non si parli delle sue traversie giudiziari perché “ha perdonato”. Non ha la vocazione del martire. Ci sono comunque, lo ripeto, cose che un uomo politico non ha il diritto di perdonare, anche se sono malefatte che l’hanno colpito personalmente. Non mi piace dover dire queste cose che ci ricordano e mi ricordano un fondo di crudezza che è propria della vita politica. Ma le vicende politiche che finiscono a tarallucci e vino non riesco più a sopportarle.


di Mauro Mellini