Nulla è cambiato

Purtroppo da decenni si ripetono drammi e tragedie legati a eventi sismici o dissesti idrogeologici e da decenni non cambia niente. Basterebbe riprendere l’infinità di articoli scritti e riscritti dopo il Friuli, l’Irpinia, l’Umbria, l’Abruzzo, per rileggere le stesse identiche cose che stiamo leggendo in questi tristissimi giorni.

Eppure da decenni il cordoglio e la suggestione successiva alle catastrofi hanno spinto ogni governo a stanziare fondi, emanare leggi ad hoc, avviare programmi straordinari di riordino e messa in sicurezza. Dunque la domanda sul perché nulla sia andato fino in fondo, nulla si sia compiuto come da programma, nulla sia stato fatto per davvero, sorge spontanea, drammaticamente spontanea.

Del perché e di chi sia la colpa, del perché gli stanziamenti non siano stati utilizzati, del perché i progetti si siano arenati e i lavori iniziati senza finire mai. Bene, anzi male, malissimo, la risposta è sempre la stessa, la burocrazia, i veti incrociati, le amministrazioni territoriali, gli uffici degli enti locali, le regole regionali, il benestare di troppi e inutili dipartimenti, i permessi e le licenze che non arrivano mai. Non basta, infatti, emanare una legge e degli stanziamenti se da quel momento in poi tutto passa nelle mani dell’infernale macchina pubblica, che blocca, soffoca, rallenta, impedisce e scoraggia anche le iniziative più indispensabili e necessarie.

Se, infatti, andassimo a vedere quei pochi casi di programmi di ricostruzione e di messa in sicurezza andati seriamente a buon fine, troveremmo che è stato possibile solo dove l’intervento della ragnatela pubblica si è limitato a pochi, veloci e fondamentali controlli. In tutti gli altri casi l’elefantiaca presenza di una Pubblica amministrazione in larga parte inefficiente, incapace, opaca e talvolta corrotta, ha impedito, tarpato o rallentato ossessivamente ogni piano governativo di ricostruzione.

Sta tutta qua l’ingiustificabile colpa della politica, quella di aver lasciato nelle mani degli enti locali troppi poteri di veto, troppi poteri contrattuali, troppi poteri decisionali, anche di fronte a programmi che, proprio per la loro importanza, avrebbero dovuto per legge godere di corsie più che preferenziali. A che serve stanziare fondi, emanare leggi di scopo, promettere il meglio, conoscendo bene quello che poi sarà il folle iter di ogni legge, che uscita dal Parlamento finisce in pasto alla burocrazia locale. Ecco perché anche la nomina di un commissario, quale che sia, non basta, come non basta una semplice legge e gli stanziamenti relativi. Serve una legge speciale, sovraordinaria, che scavalchi ogni veto territoriale, fatte salve quelle poche e indispensabili concertazioni; serve un potere centrale in grado autonomamente di ordinare e avviare un vero piano di messa in sicurezza dei territori, a partire da quelli più a rischio. Solo così se ne potrà uscire, solo così si elimineranno tutti i rischi di blocco, rallentamento, impedimento e anche di corruzione di un programma di grande recupero e di sicurezza edilizia antisismica in tutto il Paese.

Su questo Matteo Renzi si deve impegnare, produrre una legge che viaggi sopra il nostro inferno burocratico e che consenta, senza veti, a mani esperte, serie, inappuntabili, di fare una volta per tutte quel che serve e nei tempi giusti ma più brevi possibili.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:02