Legalità e legittimità del referendum

Quando la Corte costituzionale dichiarò l’illegittimità della legge elettorale per le politiche, la cui conseguenza logica – che ci si è ben guardati dal trarre – era la nullità degli atti compiuti dal Parlamento illegale, chi scrive, che non pensa che questa Costituzione sia “la più bella del mondo”, si rallegrò. Infatti nello stesso periodo il premier Matteo Renzi aveva affermato di voler riformare (con questo Parlamento e gli organi dallo stesso nominati o “fiduciati”) la Costituzione: e quale titolo più idoneo per cambiare la Costituzione è di essere un potere non-legale (meglio se illegale) e farlo in spregio della legalità?

Diversamente da quello che pensano molte anime belle, in particolare se insegnano Diritto costituzionale, a cambiare la Costituzione (historia docet) sono – quasi sempre – poteri illegali, spesso frutto di rivoluzioni, sempre di crisi politiche: pretendere la legalità nel potere costituzionale è come pretendere la verginità da una escort, la generosità da un avaro, la temperanza da un sibarita. Solo una politica fatta di illusioni e furberie e una dottrina costituzionalistica altrettanto illusa, limitata e priva di consapevolezza storica possono, sostituendo l’eccezione (quale?) alla regola, la forma alla sostanza, credere che sia normale mutare Costituzione legalmente e facilmente, come ci si cambia la camicia.

L’Italia unita – solo per fare uno tra i tanti esempi – ha cambiato Costituzione (dalla monarchia liberale al regime fascista; da questo a Repubblica) in occasione delle due guerre mondiali e delle relative crisi (a dir poco) politiche. Ma l’illegalità del potere costituente (e delle procedure da questo seguite) non basta perché il cambiamento abbia successo, occorre che questo pur non legale sia legittimo, o almeno lo possa diventare (e lo diventi), cioè sia legittimato: cosa sostenuta da due grandi giuristi come Santi Romano e Maurice Hauriou.

Per legittimazione, scriveva Romano “è da intendersi il divenire conforme al diritto di ciò che prima era a questo contrario ed estraneo”; la legittimazione è frutto del riconoscimento da parte della volontà popolare, spesso non riconducibile ad un atto, e neanche ad un atto cosciente, ma ad un fenomeno sociale. E perché ciò avvenga, è opportuno che il cambiamento costituzionale non prenda forme e osservi procedure in contrasto, non con la legalità, ma con la coscienza popolare e con il principio di legittimità prevalentemente riconosciuto, cioè, almeno da un secolo e mezzo, quello democratico.

È in questo che la procedura che sarà seguita legalmente è difettosa e “claudicante”. Perché non prevede il quorum per la validità del referendum. È sufficiente una piccola maggioranza di una consistente minoranza di elettori per “convalidare” (o respingere) l’elaborato del potere non legale. E questo è un limite enorme, foriero di (probabili) instabilità future. Basta ricordare l’analogo esempio francese. Nel dopoguerra il primo progetto costituzionale della costituente francese era stato respinto dal corpo elettorale; successivamente fu approvato il secondo con una maggioranza del 53 per cento dei voti espressi, pari a circa il 36 per cento del corpo elettorale. La disaffezione dei francesi a questa Costituzione era confermata dal fatto che durò neanche una dozzina di anni; dopo il putsch d’Algeri e il ritorno al potere di De Gaulle fu redatta una nuova Costituzione, senza le forme prescritte per la revisione da quella cessata. Questa, tuttora vigente, fu approvata con plebiscito da circa due terzi degli elettori francesi. La legittimità della trasformazione e la grande autorità personale di De Gaulle aveva realizzato il “miracolo” voluto dal Generale: che dopo 169 anni la Francia era finalmente governata.

Ma dove vada a parare un cambiamento come quello renziano, a meno che non riscuota un successo “gaullista” al referendum (ma non sembra: riportano i sondaggi che nel migliore dei casi sarà approvato da una ristretta maggioranza di sì di una modesta percentuale di votanti, al massimo pari a quella della quarta repubblica francese), non è dato prevedere. Probabilmente non riuscirà né a frenare la decadenza delle istituzioni (e della società italiana) né a darci un Governo stabile, autorevole, non servile e con la “schiena dritta”, postura inusuale per quelli della Repubblica. Tutte cose che richiedono legittimità e consenso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:57