Brexit: una grande occasione per l’Italia

La democrazia si fonda sulla volontà espressa dal popolo. Nei mercati, la Borsa di Londra, dopo il voto degli inglesi favorevole all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, è scesa pochissimo, a differenza di quanto è successo per le Borse legate all’Ue. Come mai? I responsi popolari si moltiplicano, con l’intenzione di emulare quello inglese.

Dopo la Grecia, il caos sull’immigrazione, la totale assenza di una politica sociale comune, l’Europa sta, attraverso i voti democratici dei suoi cittadini, manifestando la volontà di non voler andare avanti. Il problema è quello di dare adesso una identità politica. Che sia politica, democratica, liberale e capitalista. In Italia le politiche antidemocratiche di Giorgio Napolitano attuate tramite i tre governi non eletti di Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi sono state fallimentari oltre che assenti di legittimazione alcuna da parte del popolo italiano. Esse sono andate all’unisono ed in concomitanza con l’Europa che ha deviato percorso e traiettoria, precisamente a far data dai Regolamenti autoproclamatisi Trattati generali e “grazie” a chi l'ha governata: Merkel/Juncker/Hollande/Napolitano, artefici in Europa di veri e propri monumenti alla burocrazia amministrativa non al servizio dei cittadini. Oggi i medesimi non sono in grado, come non lo sono stati prima, di rendersi conto della situazione, e per l'Europa sarà un effetto domino. Non ci sarà nessuna autocritica a questo voto da parte di Francia e Germania, e Angela Merkel si arrogherà ancor più l’assunzione della leadership europea, non per salvare l'Europa, ma per affossarla del tutto, come è stato fatto con la Grecia.

Jean-Claude Juncker ne ha dato la dimostrazione addirittura con le minacce, affermando che quello dal Regno Unito “non è divorzio consensuale” e immaginando di rendere il più doloroso possibile il biennio di separazione per gli inglesi, forse immaginando così di dissuadere gli altri Paesi a lasciare l'Unione. Il risultato sarà diametralmente opposto: l’Europa non è una camicia di forza, e i suoi kapò saranno mandati a casa. Juncker ha anche concitatamente affermato anche che “non si rafforzerà l’asse Parigi-Roma-Madrid a danno di Berlino”, a riprova, come se ve ne fosse stato bisogno, del destino pan-tedesco da Quarto Reich in arrivo per questa Europa. E per l’Italia. Al contrario, il nostro Paese, con la Brexit, ha la chance di collocarsi internazionalmente in maniera migliore. Sono stati infatti gli Stati Uniti a chiedere al Regno Unito di aderire alla Comunità europea negli anni Settanta, per contrastare l’antiatlantismo francese che aveva fatto blocco con la Germania a tal fine.

Venuto meno il Regno Unito dall’Unione si aprono adesso due vie: 1) Seguire gli inglesi e sfaldare del tutto l’Unione chiedendone la totale ricontrattazione e riconfigurazione politica. L’Italia va cioè con il Regno Unito in modo da dare ed avere le coordinate nuove a questa Europa, che da tedesca sarà politica unita. 2) Prendere il posto dentro l’Eurozona del Regno Unito e divenire l’affidabile alleato degli Usa in Europa. Gli Stati Uniti parleranno cioè con l’Europa tedesca avendo come spalla alleata l’Italia. Si tenga tuttavia presente che gli Usa conoscono bene la storica inaffidabilità politica del nostro Paese, noto storicamente anche perché l’Italia “segue” e non dirige, non ha cioè pensiero strategico, che dovrà farsi venire qualora debba aderire alla nuova posizione strategica, che le darebbe anche il vantaggio di potere far valere la propria visione a livello globale.

Oggi quindi bisogna lasciare sbollire gli animi, soprattutto quelli grottescamente irriflessivi di Juncker e compagni, e lasciare anche che il Regno Unito ritrovi la “quadra” cioè l’equilibrio politico e commerciale nelle relazioni con l’Ue. Nessuna accelerazione dunque. Al contrario, tempi lunghi di attesa atti a ricomporre la nuova riassociazione economica e politica inglese, ed europea. Il Regno Unito non dovrebbe correre a presentare richieste ufficiali quanto piuttosto dare corso al tempo ed all’attesa del nuovo Parlamento europeo, ad esempio, nella sua nuova composizione, insieme al nuovo governo inglese che si insedierà, come annunciato da David Cameron.

Il mercato libero non vuole rotture ma integrazione, pur avendo dato prova di sapere andare per conto proprio dalla politica. Anche se la tentazione per l’Italia sarebbe oggi quella di dare anch’essa un duro colpo alla Europa tedesca. Essa deve, dopo avere votato secondo democrazia Parlamento e governo nuovi legittimamente eletti, collocarsi strategicamemente all’interno della nuova Unione europea, perché essa si costituisca e sia un blocco politico occidentale, democratico, liberale e capitalista. L’Europa non è certo lo strumento dell’impero tedesco ma l’integrazione volontaria ed economicamente conveniente dei Paesi che desiderano farne parte. Il progetto europeo poggia sul mercato globale delle economie e delle democrazie che siano tali, e sulla comunione federativa dell’Occidente, non certo sulla disgregazione peraltro molto apprezzata dal mondo islamico.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:52