Il popolo bue

Dopo la decisione degli inglesi di uscire dall’Unione europea è iniziato un coro di personaggi, più o meno noti, a ricordare che il popolo può sbagliare, e nei fatti ha sbagliato. E, di conseguenza è meglio che non prenda decisioni e, che, le prendano i tecnici, gli “esperti” (compagnia cui molti sostenitori di tale opinione si sono iscritti dalla nascita). A tal proposito occorre premettere come, a ben vedere, ad esser contestata è la sovranità o più precisamente la democrazia come regime politico in cui la sovranità appartiene al popolo (articolo 1 della “Costituzione più bella del mondo”); il quale, in alcune occasioni, lo esercita tramite il suo (primo) organo rappresentativo, cioè il corpo elettorale.

Proviamo perciò ad applicare e a confrontare i luoghi comuni sbandierati a carico del “popolo-bue” e della di esso incapacità decisionale con quelle situazioni storiche in cui non è stato il corpo elettorale a decidere.

Ne abbiamo tanti esempi che ricordarli è inutile. A cominciare, solo nel XX secolo, dall’aggressione di Hitler alla Polonia che portò alla rovinosa sconfitta la Germania ed al suicidio il Fürher; a quella di Nicola II nel 1914 di garantire la Serbia, che provocò la rivoluzione e l’assassinio della famiglia imperiale russa. Di castronerie, gravide di danni e lutti gravissimi, decise da poteri sovrani che rivendicavano di essere tali – e in effetti lo erano – ne sono state fatte tante, che accusare di ciò i popoli quando lo fanno loro è ingeneroso (e parziale), ma soprattutto errato.

Perché la funzione primaria del potere sovrano è quella di dare (e garantire) esistenza politica alla comunità; non di somministrare verità, ma di assicurare certezza, come scriveva il nostro Vico. Già Bodin agli albori della teoria (moderna) della sovranità scriveva “non sono né il territorio né la persona a fare la città, ma l’unione di un popolo sotto un potere sovrano”. Concezione condivisa da tanti, e ripetuta, tra questi, dal (giovane) Hegel più o meno alla lettera. All’esistenza ed (all’azione) politica è connaturale il rapporto di comando/obbedienza di cui la sovranità è l’aspetto principale e decisivo. E uno dei connotati della sovranità è che le decisioni di questa sono definitive e non necessitano di “aver ragione” per dover essere obbedite.

Come sosteneva De Maistre, questo è il (maggiore) inconveniente della sovranità e vi sono sovrani che lo hanno accresciuto a tal punto che “per poterli sopportare, non vi è quasi altro mezzo che paragonarli a quello che accadrebbe, se non ci fosse alcun sovrano”. Per cui, essendo sicuro che il comando non può essere abolito né sospeso, e che ad esercitarlo sono sempre uomini (molti, pochi od uno che siano) e che gli esseri umani non sono infallibili, pretendere, com’è l’arriére pensée di tanti in questi giorni, di eliminare il problema sottraendolo al corpo elettorale è pura illusione. È la pretesa illusoria contrastata nel Federalista che a governare possano essere degli angeli; ma siccome sono necessariamente uomini, possono essere corrotti e fallibili.

Gli è che ogni discussione sulla sovranità è squisitamente politica, perché gira intorno alla domanda: chi è sovrano? Il popolo, il monarca, l’aristocrazia, lo Stato? E al fatto che il sovrano se non è designato nelle costituzioni – anzi a prescindere da tali designazioni – esiste sempre almeno finché c’è il rapporto di comando/obbedienza. Può non esservi sovrano di diritto; ma ciò che più conta, esiste sempre un sovrano di fatto.

È proprio questo il punto dolente di chi sostiene l’incapacità del popolo, a prescindere dal fatto che spesso ha ragione, a patto di riconoscere che anche altri, possibili sovrani hanno la stessa menda di poter sbagliare. Perché se il sovrano non è designato, non è detto che non esista. Ancor più capita che anche laddove il designato ci sia, ad esercitare effettivamente il potere supremo siano altri. La denunciata incapacità del popolo (all’esercizio) si risolve così nel consenso acché il ruolo sia ricoperto da altri. Che questi altri siano i “poteri forti”, l’Impero di Tony Negri, la tecnocrazia di Saint Simon, la demo-masso- giudo-plutocrazia di mussoliniana memoria, l’egemonismo stigmatizzato da Mao Zedong, il gruppo Bilderberg o altro è meno rilevante rispetto a due circostanze fondamentali che accomunano funzionalmente e strutturalmente tali vaghi e indeterminati soggetti. Il primo che esercitano poteri sovrani, onde ne devono privare chi pretende (ed ha diritto) di farlo; il secondo è che, guarda caso, hanno tutti in comune la caratteristica di non essere democratici e per ciò non responsabili verso il popolo. Che per l’appunto hanno tanto in uggia.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:18