La Brexit distrugge  i talk dei presuntuosi

Alle sei del mattino irrompe la realtà, caduta dalle urne inglesi come un cornicione sulla testa dei commentatori e dei sondaggisti... e adesso?

Gli effetti collaterali della #brexit sono tanti e incalcolabili. Ad esempio ieri le Borse europee hanno tutte aperto con un insano meno 7,8 o 9 per cento, come Francoforte, Londra o Parigi. Milano addirittura è stata chiusa prima che si volatilizzi. Ma soprattutto è stata l’informazione dei salotti televisivi a venire ridicolizzata: Enrico Mentana, tanto per non fare nomi, ha condotto una sfortunata “maratona” che assomigliava a quelle delle parodie di Maurizio Crozza. Tanti begli ospiti, saputi, saputelli e soloni, invitati già da prima della mezzanotte. Sondaggi rassicuranti e tanta ma tanta retorica e prosopopea in attesa degli eventi. Cioè della realtà. Che non sempre aderisce agli auspici. E la realtà per l’appunto ha fatto lo stesso effetto del suddetto cornicione che cade quando nessuno se lo aspetta sull’asfalto della strada o del marciapiede sottostante, quando va bene, o sulla testa di uno o più malcapitati, nel “worst case scenario”.

Stesso discorso per i quotidiani: solo il “Corriere della Sera” è riuscito a fare lavorare i giornalisti fino alle 7 del mattino ed a fare un titolo decente che descrivesse la realtà, e cioè che la Gran Bretagna era fuori dalla Ue. Gli altri si attaccavano ai sondaggi, ai numeri al lotto o alle convinzioni personali dell’editore o del direttore o del primo che passava, di turno quella notte. Sulla #brexit gli economisti, gli editorialisti, i sondaggisti e gli animali da talk-show erano settimane che davano il peggio di sé. Da quando, per lo meno, fu ammazzata la povera deputata laburista Jo Cox, che la vulgata aveva già trasformato in martire della #brexit.

Da quel momento, cinicamente, con la stessa logica da #sragiondistato che si poteva sospettare avesse ispirato il delitto affidato al pazzo di turno (se ne trova sempre qualcuno, per i Kennedy, per Martin Luther King, per l’Arciduca di Sarajevo, per John Lennon, ecc.), i giornali avevano cominciato a pubblicare pseudo-sondaggi che davano in risalita il “no” all’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Fino a ribaltare del tutto arbitrariamente la tendenza (“il trend”) che negli ultimi mesi era esattamente opposta. Una grande illusione. Anzi una “great expectation”, per rimanere in tema. Ma la realtà si vendica dei giornalisti, delle maratone televisive, degli economisti e di quelli che sanno o di quelli che non sanno, ma insegnano. E questa figura di guano della classe dirigente politica europea, e italiana nel suo piccolo, può essere archiviata per gli storici come uno degli effetti collaterali di qualcosa di nuovo che nessuno può prevedere a cosa porti nei prossimi dieci anni. Paradossalmente l’Europa potrebbe persino uscirne rafforzata. Purché diventi quella di Ventotene e del relativo manifesto sempre richiamato dal compianto Marco Pannella.

E non la casa della Grande Sorella tedesca da cui tutti, da oggi, faranno a gara a uscirne. In una maniera o nell’altra.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55