D’Alema dice no, chiaramente

Dopo i sussurri e le ridicole “minacce” di “mettere il broncio” e le richieste di alibi insulsi di Pier Luigi Bersani, è arrivato a Matteo Renzi - dalla sinistra del suo partito - il “no” chiaro e secco di Massimo D’Alema. No al referendum di ottobre, no alla trasformazione del partito in un conventicolo di “amici di famiglia” del segretario presidente (e di altre famiglie).

Sono due personaggi, Bersani e D’Alema, diversissimi sul piano caratteriale e su quello politico, anche se tutti e due provengono dal ceppo originario del Partito Comunista. Ma la diversità politica sta, oltre che sul livello intellettivo e negli atteggiamenti sempre accuratamente inconcludenti del primo, nella sostanziale acquiescenza di Bersani al “Partito della Nazione”, più qualunquista che di sinistra antisocialista e cattocomunista senza cattolicesimo e senza comunismo.

D’Alema ha vissuto diversamente la fine del Pci in cui ha militato fin da ragazzino (era un “Pioniere” e andava ai campeggi di “istruzione” in Russia…). Ha teorizzato il “nuovo” socialismo europeo, anche se poi non ha saputo fare a meno della distruzione, in Italia, di quello antico della tradizione di Filippo Turati, di Giacomo Matteotti e di Pietro Nenni che aveva avuto tutta l’ostilità più profonda del suo partito di provenienza, il Pci e che l’“alleato” Partito dei Magistrati aveva fatto fuori, con il maggior accanimento nel golpe giudiziario di “Mani Pulite”.

Non è forse un caso che le contingenze politiche di questi giorni facciano riemergere connotazioni storiche della realtà del nostro Paese. C’è chi, magari, proprio di questo si duole, ritenendo che la “novità”, non solo quella fasulla e truffaldina di Renzi, abbia tutto coperto recidendo le radici del presente, cosa, oltre che impossibile, tutt’altro che auspicabile. Sta di fatto che quel tanto in più di una certa coerenza, ed il passato che oggi ancora è presente in qualcuno degli uomini alla ribalta politica, quando c’è si fa sentire ed evita che essi cadano nelle più melmose ambiguità del presente. Non è cosa trascurabile.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55