Partire in piccolo pensando in grande

Avviamo insieme il progetto politico che l’attuale sistema politico Italiano non può concepire, dunque realizzare. Lo chiamiamo Progetto di promozione e attivazione delle immense energie presenti nel nostro Paese, nell’intero territorio ma ai margini della cosiddetta società civile, stagnanti nella passività, non considerate nei piani di sviluppo dei Governi che si sono succeduti da molti decenni. Insomma “periferie umane e sociali”, a carico di sotto-politiche assistenziali a carattere istituzionale ma sostanzialmente tenute in vita da associazioni e gruppi di volontariato. Le definiamo da anni periferie sociali, e ci troviamo negli ultimi mesi – con nostro grande stupore e commovente speranza – a sentirle chiamare con lo stesso nome (periferie) da Papa Francesco. Con prudente rispetto, abbiamo cominciato a parlare di un progetto nelle ultime settimane de “L’Opinione”. Ora usciamo allo scoperto. Proviamo?

È possibile e sensato invocare la “giustizia sociale” per almeno una decina di milioni di nostri fratelli che vivono e sopravvivono ai margini di ogni interesse economico? A chi dovremmo rivolgerci? Sotto quali palazzi del potere? Tocca a noi. Non a noi “intellettuali”, ma a noi che siamo parte delle periferie umane e sociali. Noi che, tutti insieme, siamo una potenza.

Siamo i cosiddetti disabili, ex handicappati. La maggior parte di noi disabili siamo abilissimi, possediamo capacità, conoscenze, energie intellettive, fisiche e progettuali. Ai più deboli penseremo noi. Siamo i vecchi, estromessi dal lavoro, mal-pensionati, sbattuti a carico delle famiglie, mentre ancora siamo dotati non solo di sapere e saper fare, ma anche e soprattutto di voglia di contare! Siamo i giovani e giovanissimi, parcheggiati nell’incuria, nell’ipocrisia dei governanti, negli scarichi dei parchetti, della manovalanza mafiosa e camorristica, nelle camerette o sulle brande delle case dei genitori. Siamo le grandi e già nobili tribù artigiane che per secoli hanno costituito le comunità di talento produttrici della ricchezza e di prestigio, e da alcuni decenni dismesse, vanificate, suicidate… ma non azzerate. Siamo i disperati dei camion di bestiame dall’Est e dei barconi dall’Africa, considerati usurpatori di lavoro e baracche, “problema nazionale” e ficcati nelle discariche umane delle grandi città, affidati alle cure dei grandi italiani del volontariato, e mai ascoltati, mai invitati a progettare soluzioni, a condividere modelli d’impresa redditizi, e (come ci ha insegnato Muhammad Yunus) molto… molto più che autonomia.

Periferie umane e sociali. Ma non ghetti. Non casi separati da affrontare separatamente. Ci siamo qui limitati, per voglia di semplicità, a evidenziare le grandi popolazioni che il potere politico italiano considera problemi e non popolo. Cominciamo così: non è oggi immaginabile avviare un progetto di rinascita del popolo italiano, se non affrontando la realtà nella quale viviamo con un vero progetto politico che ponga a trampolino, a piattaforma del futuro, proprio quelle periferie umane e sociali che ne costituiscono il braccio e il cuore. Senza mentire, senza sparare a salve con i mitra-giocattolo dell’integrazione, delle riforme, dello sviluppo…

Tocca a noi. Nell’appello del 23 aprile qui su “L’Opinione”, Loris Facchinetti si è espresso così: “L’urgenza impone soluzioni rapide e semplici. Proponiamo la creazione di una ristretta task force per l’emergenza sociale, composta da persone con comprovate competenze, che coordini le iniziative immediate sia sul piano operativo sia per la comunicazione (…)”. Sì, cominciamo così. Riprendiamo in mano le fila dei tanti tentativi fatti negli ultimi anni. Ricuciamo e consolidiamo i rapporti tra le persone e i gruppi (alla larga dai partiti) che condividono l’obiettivo: la rinascita della Comunità Italia. Non cadremo nella trappola delle “priorità”: le periferie che qui abbiamo elencato sono gambe di un unico progetto, la cui strategia operativa – i tempi, i modi, i mezzi – dovrà essere fissata facendoci guidare da una stella: “Partire in piccolo pensando in grande”. (continua)

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:12